LE QUATTRO CASALINGHE DI TOKIO, di Natsuo Kirino
Recensione 1
“C’è una certa somiglianza tra la sensazione di aver perso la strada e non sapere dove andare e la consapevolezza di non avere più la possibilità di tornare indietro. Ci si sente assolutamente liberi.”
Quattro donne lavorano insieme in un puzzolente stabilimento di cibi precotti alla periferia di Tokyo. Non sono amiche, nel senso stretto del termine, piuttosto colleghe che condividono gli stessi spazi e lo stesso orario di lavoro, sono tutte operaie part-time del turno di notte.
Sono diverse per carattere, mentalità, esperienza e situazioni familiari, sono però accomunate dalla frustrazione per una vita asfittica e per un tipo di lavoro che nella scala del prestigio sociale occupa i gradini più bassi. Una sera la più giovane e apparentemente indifesa del gruppo Yayoi, spinta dalla disperazione e dalla rabbia, strangola il marito. Uomo dedito all’alcool e al gioco, che non si cura dei figli, frequenta donne discutibili e picchia la moglie.
Subito dopo, non sapendo cosa fare, telefona alla collega Masako, con la quale è in più stretti rapporti. Masako è una quarantenne intelligente e determinata che è finita nella fabbrica dopo una esperienza di mobbing in un istituto bancario e l’inaridimento del suo matrimonio. Masako per un impulso irrazionale e liberatorio decide di aiutarla e, con una combinazione di casi fortuiti e bisogno di denaro, anche le altre due vengono coinvolte nell’impresa di occultare il cadavere.
Si tratta di Yoshie, donna succube di una figlia capricciosa ed egoista e della suocera invalida e di Kuniko, una trentenne spendacciona, amante del lusso e consumatrice compulsiva di articoli di alta moda che non può permettersi. Inizia così una concatenazione di eventi drammatici attraverso i quali le donne scoprono insieme il gusto della rivolta, il fascino e il business del crimine.
Un clima di umana desolazione e concreta miseria permea tutto il romanzo: si avverte, si respira, è tangibile sia nella descrizione dei luoghi e degli ambienti in cui tutta la narrazione si svolge che nelle introspezioni e nei dialoghi dei personaggi. Nessuno dei quali può essere definito a priori vittima o carnefice. Nessuno è mai completamente buono o cattivo o meritevole di assoluzione.
Un romanzo dalle atmosfere cupe, macabre e desolate, con personaggi miserabili, meschini e soprattutto soli. È infatti la solitudine esistenziale la nota caratteristica di questo romanzo, a mio avviso. Una solitudine che si evince sempre anche quando i protagonisti interagiscono tra loro o si interrelazionano con gli altri.
Un romanzo consigliato agli amanti del thriller, con atmosfere dark e scene splatter ( passatemi il termine preso a prestito dalla cinematografia).
Una storia che lascia il segno!
Recensione di Anna Rita Taurozzi
Recensione 2
Cosa fare se tuo marito ti picchia, passa le notti al nightclub sognando altre donne e intanto dilapida tutti i tuoi risparmi, magari mentre tu ti fai un mazzo così a fare i turni di notte in fabbrica per far quadrare i conti della famiglia? Chiaro e ovvio, chiedetelo a Yayoi! Si prende una cinghia, gli si salta al collo e lo si strangola! Poi se si ha qualche collega su cui contare per riuscire a far sparire il cadavere il gioco è fatto!
Così inizia questo romanzo, un po’ noir, un po’ thriller, un po’ splatter… ma anche una storia di quattro donne che non vogliono altro che uscire dalla prigione in cui sono finite. Chi per problemi di soldi, chi per situazioni sentimentali decisamente insoddisfacenti, farebbero di tutto per trovare una via di fuga e la libertà. Non a caso il titolo originale, direi più azzeccato, è “OUT”, fuori.
Mentre la storia tiene incollati alle pagine Natsuo Kirino fa riflettere su cosa sia giusto e cosa sbagliato. Yayoi uccide, si, ma quante ne ha passate? è lei il mostro o è una vittima?
Masako, che si rivelerà secondo me la vera protagonista di questo libro, corre in suo aiuto e farà cose terribili, cominciando col sezionare il cadavere per farlo sparire… non chiede nulla in cambio. La mettiamo dalla parte dei buoni o dei cattivi? Kuniko invece è inorridita da questa faccenda ma accetta di aiutare, pur facendo il minimo indispesabile, pur di avere in cambio dei soldi… la sua morale è migliore? E cosa dire di Yoshie, che si dimostra molto collaborativa, sempre per soldi, ma solo perchè vorrebbe poter far studiare sua figlia?
Emerge da queste pagine anche un ritratto non così roseo del giappone attuale, in cui la donna ideale sembra ancora essere quella dolce e sottomessa al suo uomo, e si ritrova anche completamente sola in una città immensa come Tokyo. E anche un giappone razzista in cui lo straniero è Gaijin, in cui Kazuo, immigrato dal Brasile, è forse l’unico personaggio davvero buono e gentile della storia, ma è decisamente emarginato, un po’ come le quattro donne, e “indossa un copricapo blu, come tutti gli operai brasiliani”… ma davvero succede ancora qualcosa del genere?
Decisamente un bel romanzo, un finale non scontanto e una scrittrice giapponese di cui voglio sicuramente leggere altro.
Recensione di Monica De Giudici
Recensione 3
Catalogare questo libro come giallo o thriller è riduttivo.
Questo libro non è un poliziesco convenzionale, è molto altro.
La storia è costruita con precisione chirurgica, è un meccanismo perfettamente funzionante pieno di colpi di scena; il lettore non ha scampo, è letteralmente intrappolato dal racconto.
La scrittura è precisa e molto lineare.
Odore di fritto, odore di muffa, tombini divelti, gatti randagi, cicche, secchi della spazzatura traboccanti, capannoni abbandonati, degrado urbano fanno da sfondo alla storia di Masako, Kuniko, Yoshie e Yayoi precipitano chi legge in un’atmosfera angosciante e claustrofobica.
Quattro donne, quattro storie ordinarie di insoddisfazione e solitudine, quattro storie di sottomissione, un unico sogno: la libertà.
Non sono casalinghe, non sono amiche, condividono il lavoro e si trovano a condividere una storia dalle tinte fosche.
Ognuna ha la sua storia:
Yoshie, la più anziana del gruppo, vedova con due figlie “difficii”, esasperata dall’anziana suocera ormai inferma.
Yayoi due figli, un gatto bianco ed un marito che negli ultimi tempi è dedito al gioco, all’alcol e alle donne.
Kuniko concentrata solo su se stessa, spende tutti i suoi soldi in abiti, gioielli e auto di lusso. Poco importa se il conto in banca va in rosso.
Per ultima Masako, la mente del gruppo. E’ una donna sola in seno alla sua famiglia, nella quale rapporti e sentimenti sono gravemente deteriorati.
E’ una donna ancora alla ricerca di sé.
Il destino le dà una mano per scoprire il suo lato oscuro.
Su di lei si focalizza lo sguardo del lettore, protagonista indiscussa di queste pagine, solo a 43 anni scopre la sua anima corrotta e la sua rovina interiore.
Si sa, a trasformare la normalità nel peggiore degli incubi possono bastare pochi istanti, è sufficiente che un filo sottilissimo si spezzi per precipitare nell’orrido.
Basta che Yayoi perda il controllo, quando il marito per l’ennesima volta torna a casa ubriaco, stanco di una notte brava e nulla sarà più come prima.
Masako, Kuniko, Yoshie e Yayoi si stringono in un patto di solidarietà, inizialmente pronte ad aiutarsi amicalmente ma ben presto contrapposte dai più bassi sentimenti di interesse e vendetta.
La vicenda è molto articolata e le nostre quattro si trovano al centro di un vero e proprio uragano.
Che ne sarà delle loro vite e dei loro sogni?
Una vera miscela esplosiva questa storia: ognuna, a suo modo, troverà la propria libertà.
Ci sono spruzzi di scintille all’orizzonte e case che bruciano, ci sono rivoli di sangue, ci sono yakuza in azione e ci sono anche anime nere che imboccano, occhi negli occhi, strade senza ritorno.
Recensione di Gabriella Calvi
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