LE RAGAZZE INVISIBILI, di Henning Mankell
Non avevo mai letto niente di Mankell; certo, ho tanto sentito parlare della serie Wallander, prima o poi la guarderò e leggerò i libri, ma intanto mi ha incuriosita questo, dalla tematica tanto attuale in tempi di sbarchi, rifugiati, accoglienza/poca accoglienza.
Un poeta ipocondriaco e egocentrico, che pubblica libri di poesie sempre meno letti, che si è trovato una fidanzata infermiera, ma che rischia di farsela scappare perché terrorizzato dall’idea di avere un figlio.
Per la precisione: oltre che dalle richieste della fidanzata Andrea, il poeta è terrorizzato dalle malattie, dalla possibilità che qualcuno a lui vicino scriva troppo bene, dalla madre “originale”, dagli investimenti sbagliati, dal suo editore che pretende un poliziesco per fare cassa.
Insomma un impiastro, a cui la vita regala l’incontro con tre giovani ragazze immigrate in Svezia: Leila, Tania e Tea Bag (primo concetto che il nostro deve digerire: i nomi non hanno alcuna importanza).
Con molti sforzi, riuscendo ad andare oltre i propri limiti e ad uscire dalla propria stretta sfera di attenzione, lo scrittore raccoglie le storie delle ragazze.
Non importa di chi siano davvero, sono storie reali, terribili, a loro modo bellissime.
Storie accomunate dalla speranza di una vita migliore, che dovrebbero rendere migliore chiunque le ascolti davvero.
Come il nostro impiastro, che alla fine del libro forse lo è un poco di meno.
Unica osservazione: l’argomento è talmente importante e complesso che le oltre duecento pagine del libro, pur aprendo tanti temi, inevitabilmente non ne chiudono nessuno.
Ed è normale che sia così.
Recensione di Elena Gerla
La letteratura gialla vista dalla parte di chi indaga – Kurt Wallander
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