LE RONDINI DI KABUL, di Yasmina Khadra (Sellerio)
Prima di dedicarmi alla lettura di un libro ben più noto e recensito, ovvero “Mille splendidi soli”, ho deciso di avvicinarmi al delicato tema della drammatica situazione afghana attraverso un breve romanzo che ho trovato casualmente in libreria. Il titolo è “LE RONDINI DI KABUL” (2002), dello scrittore algerino Mohamed Moulessehoul il quale, dopo la disapprovazione nei confronti dei suoi primi scritti, iniziò a pubblicare con il nome della moglie. L’autore descrive con un linguaggio semplice, crudo ma poetico allo stesso tempo, la vita quotidiana in una Kabùl sotto i talebani trionfanti… una vita fatta di continue esecuzioni pubbliche e di distruzione.
Non so quanto il racconto sia fedele alla realtà, ma senz’altro esso riesce, nonostante le diffidenze culturali, a far sentire noi occidentali un po’ più vicini a un popolo che, ancora oggi, non è libero. E lo fa attraverso le voci dei nostri protagonisti, due coppie sposate che cercano a loro modo di restare a galla, malgrado il mare di odio e di dolore da cui sono circondati ogni giorno, e che ormai in parte sembra essersi impossessato anche di loro. Emerge a tratti, dai loro cuori maltrattati, qualche barlume di speranza e di umanità, e questo ci fa credere che non sia ancora tutto perduto. C’è la voglia di non “abituarsi” al peggio.. quel peggio da cui però, purtroppo, finiranno per essere travolti, e che non li lascerà illesi.
Una delle frasi più ottimistiche della storia è senz’altro quella pronunciata da Mohsen durante un dialogo con sua moglie Zunaira “I talebani hanno approfittato di un attimo di confusione per assestare un colpo terribile ai vinti. Ma non è il colpo di grazia “, e poi una frase che denota un senso di ribellione e di non accettazione, da parte della stessa Zunaira “Non chiedermi di rinunciare al mio nome, ai tratti del mio viso, al colore dei miei occhi e alla forma delle mie labbra, per una passeggiata attraverso la miseria e la desolazione; non chiedermi di essere meno di un’ombra, un anonimo fruscio lanciato in un loggione ostile”.
Per concludere, ritengo che alla fine si finisca per provare compassione e comprensione nei confronti dei personaggi, arrivando quasi a giustificare certi loro comportamenti tutt’altro che giustificabili, perché comprendiamo quanto essi siano più vittime impotenti degli eventi e di se stessi, che reali colpevoli… Dice Moshen alla moglie “se vedi che cambio nei tuoi confronti, che divento ingiusto o cattivo, dimmelo. Ho la sensazione che le cose mi sfuggano, che stia perdendo il controllo. Se sto diventando matto, aiutami a rendermene conto”.
Un libro senz’altro interessante, di cui consiglio la lettura.
Recensione di Gaia Lamanna
LE RONDINI DI KABUL Yasmina Khadra
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