L’ECO DELLA PIOGGIA, di Yu Hua (Feltrinelli 2019)
Sun Guanglin ha dodici anni e da sei abita con i genitori adottivi a Sundang. Siamo nella Cina rurale della seconda metà del Novecento. Il suicidio del padre adottivo e l’abbandono della madre lo costringono a tornare al suo paese, a quella famiglia di origine che lo aveva allontanato e che pur riprendendolo, lo considererà sempre un corpo estraneo. Così come il nonno paterno, che Sun Guanglin incontra di notte sulla strada di ritorno e che è forse il personaggio più interessante del libro.
È il primo romanzo di Yu Hua, un romanzo di formazione solo in parte autobiografico.
Risulta un po’ spezzettato perché parte dal rientro in famiglia del protagonista all’età di dodici anni e poi si articola in un flusso di ricordi e flash back che, se non giovano alla fluidità del racconto, riescono però a fissare con forza alcuni episodi e alcuni personaggi, come macchie di colore.
Ne viene fuori un libro non particolarmente bello (ne ho letti altri due di Hua che mi sono piaciuti di più) ma molto interessante – e in alcuni punti angosciante – perché testimonianza di vite e usi davvero lontani.
“Questo libro cerca di raccontare come gli uomini affrontino il passato con maggior fiducia di quanta ne abbiano nell’affrontare il futuro. Poiché il futuro è pieno di rischi, d’invincibile mistero, solo quando tutto ciò è finito, lo stupore e la paura si tramutano in umorismo e dolcezza. Ed è questa la ragione per cui gli uomini amano così appassionatamente il ricordare; come l’acqua di un fiume che scorre, esso gorgoglia e s’increspa eterno e vasto all’interno di lingue diverse in nazioni diverse, sostenendo la nostra vita e le nostre letture.”
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