L’ENIGMA DEL SOLITARIO, di Jostein Gaarder
Recensione 1
“Standomene lì seduto, pensai a quanto fosse triste che, per noi uomini, una cosa così indescrivibile come il mistero della vita potesse diventare un’abitudine.”
52 carte divise in quattro semi, tredici per ogni seme dall’Asso al Re, ognuna con il proprio valore e le proprie caratteristiche. E poi c’è il Jolly che non è né fiori né cuori, né quadri e neppure picche. Non somiglia a nessuno, ha qualsiasi valore o non ne ha nessuno. Guarda le altre carte impegnate in un solitario e non comprende perché siano così limitate, mentre lui può spostarsi come vuole, essere inutile come indispensabile. Il Jolly è l’unica delle 52 carte ad essere diversa.
E il Jolly ha un compito importante da assolvere: deve ricordare alle carte che sono creature straordinarie che, pur essendo piene di vita, conoscono poco loro stesse e faticano a formulare pensieri complessi da pensare. Sarà lui a chiederci “chi siamo noi? Da dove veniamo?”
C’è un solo Jolly per ogni mazzo, a volte due. Per non finire vittime del destino e prigionieri dei limiti, l’unica soluzione è diventare un Jolly, un diverso, forse eccentrico, ma disposti a interrogarsi su tutto e su tutti, a rincorrere la verità e a fare domande a volte scomode.
Credo di poter ben essere considerata tra le più ignoranti filosofe mai esistite, nel senso che non ho mai studiato filosofia e i miei interessi successivi al completamento della mia formazione scolastica non sono mai andati in quella direzione. Quindi questo romanzo è il primo approccio con la materia, non mi era mai capitato di leggere un racconto scritto da un filosofo. Tantomeno Gaarder, che è riuscito a portare questa materia nei suoi libri di narrativa, permettendo a chiunque di entrare in contatto con l’argomento.
E proprio perché “gioca” con le sue conoscenze, Gaarder anche in questo suo lavoro si pone domande sulla natura dell’essere umano, sulla sua mente, sulla sua posizione nel mondo e sulla percezione dello stesso. Sono considerazioni filosofiche probabilmente basilari, che si svelano lungo il viaggio del dodicenne Hans Thomas, che col “pater” filosofo dilettante – perché è stato un marinaio, ora macchinista navale – parte dalla Norvegia alla volta della Grecia (la terra dei filosofi), alla ricerca di una madre che li aveva abbandonati per ritrovare se stessa.
Un incontro bizzarro lungo la via lo mette a conoscenza di un mondo fantastico e farà un viaggio surreale “parallelo” tra personaggi incredibili, natura lussureggiante, Re, Fanti, Assi, creature originali scaturite dal pensiero dell’essere pensante, e anche bevande magiche.
Un racconto nel racconto che diventa metanarrazione, in cui simbologia e metafora si fondono, così come i miti e le leggende della Terra del Nord con quelli della Terra del Sud. E il solitario che si gioca su un’isola incantata è la sublimazione del solitario del vasto mondo, e in cui l’uomo aspetta che qualcuno, una scheggia impazzita (un Jolly), lo svegli dal torpore dell’abitudine. Con questo gioco di riflessi tra potere dell’immaginazione e vita reale ci viene raccontata “la storia infinita dell’umanità, l’emozionante avventura del pensiero”.
Pensato come narrativa per ragazzi, è un romanzo che può essere affrontato e apprezzato ad ogni età, per tornare un po’ bambini e ricordare come il mondo possa essere stupefacente.
“Mi ero reso improvvisamente conto che gli esseri che popolano la nostra Terra sono apatici al pari degli ottusi nani dell’isola incantata. La nostra vita è come il più fantastico dei racconti di avventura, pensavo. Eppure la stragrande maggioranza delle persone considera il mondo del tutto “normale” e, per trovare una compensazione alla sua banalità, è costantemente alla ricerca di qualcosa che esca dalla norma, come per esempio angeli o marziani. Questo avviene perché la gente non s’interroga mai sull’enigma che riguarda il pianeta in cui vive. Io la vedo in modo completamente diverso. L’universo per me è come un magico sogno. Ed ero appunto alla ricerca di una spiegazione razionale che mi chiarisse il modo in cui tutto si concatenava.”
Recensione di Chiara Carnio
Recensione 2
Dopo aver letto questo libro, ho preso un mazzo di carte, le ho disposte per seme e le ho osservate con occhi diversi.
Cuori, quadri, fiori e picche, 52 carte che mi sembravano vive, pronte a comunicarmi qualcosa. Non vi dico poi la sensazione di avere fra le mani il Jolly!
Che meraviglia la mente umana, è cosi grandiosa nella sua fervida immaginazione. Che capolavoro è l’essere umano pensante!
Il libro, ovviamente, mi è piaciuto tantissimo sia per le sue storie fantastiche di grandezza crescente inserite in una sequenza narrativa reale, semplice e fluida, sia per le considerazioni filosofiche, elementari ma genuine che si svelano lungo il percorso narrativo: è come se l’autore stabilisse un rapporto con il lettore creando con esso un dialogo continuo.
A questo modo oltre a raccontare le storie fantastiche intercalate in una storia reale, simili a scatole cinesi, il narratore affronta questioni teoriche e filosofiche alla portata di tutti.
L’ambientazione è prettamente nordica, montagne e boschi popolate da strane figure e sebbene si giunga ad Atene, ambientazione del sud, non si può sfuggire al mito e alle leggende, fra templi, oracoli e predizioni.
Hans Thomas un ragazzino norvegese di appena tredici anni, che insieme al pater (padre) è alla ricerca della mamma che ” ha smarrito se stessa” fuggendo dalla Norvegia ad Atene. Lungo il percorso, come se fosse stato stabilito da forze magiche, intraprenderà un viaggio fantastico e surreale che lo porterà a comprendere la strabiliante bellezza delle piccole cose.
Una metanarrazione che assume come proprio concetto l’atto stesso del raccontare, sviluppando un romanzo nel romanzo percorrendo cosi l’imperscrutabile strada che unisce lo spazio creativo all’interno della mente con lo spazio reale del mondo esterno.
E se le carte sono quelle figure animate dall’immaginazione ma gelide e vacue in quanto si propongono solo come il numero che rappresentano, è il jolly, quel bizzarro e curioso giullare, che assumerà tutti i ruoli, avendo la facoltà di attribuirsi tutte le sembianze in un gioco curioso ma vivo e pimpante capace di rimescolare le carte in tavola e dare un senso al grande solitario della vita.
Annoverato fra la letteratura per ragazzi, lo consiglio agli adulti per ritrovare quel “fanciullino” pascoliano in ognuno di noi, la pura innocenza per apprezzare la vita in tutto il suo affascinante mistero
“Non fu soltanto il libro del panino a occuparmi la mente per il resto della giornata. Qualcos’altro mi turbava. Mi ero improvvisamente conto che gli esseri umani che popolano la nostra Terra sono apatici al pari degli ottusi nani dell’isola incantata. La nostra vita è come il più fantastico dei racconti d’avventura, pensavo. Eppure la stragrande maggioranza delle persone considera il mondo del tutto “normale” e, per trovare una compensazione alla sua banalità, è costantemente in caccia di qualcosa.”
Recensione di Patrizia Zara
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