L’ESTRANEO, di Tommaso Giagni (Einaudi)
Arrivo a questo libro con colpevole ritardo, mosso dalla curiosità e dalle piacevolissime impressioni che la presenza e la voce dell’autore mi hanno lasciato impresse negli occhi e sulla pelle, nel breve tratto di una passeggiata che abbiamo condiviso di recente, in occasione di un incontro letterario tenutosi in una località di montagna.
Un senso di spaesamento pervade l’intero arco della narrazione, fra le pagine di questo piccolo libro uscito più di dieci anni fa.
C’è quel concetto di confine, di scavallamento, di un “di qua” e di un “di là” , di un “qui” e di un “oltre”, fra i due piccoli mondi descritti e contenuti nella grande città: la Roma delle Rovine e la Roma della Quaresima.
Contrasti e giochi di luce si rincorrono nel racconto di due realtà distanti pochi chilometri eppure lontanissime. Poli opposti che in barba a qualsiasi comune credenza non si attraggono, anzi si respingono con forza: l’eleganza signorile dei palazzi del centro e la sfrontata ruvidezza dei casermoni di borgata.
È dall’una all’altra Roma che si sposta il narratore, fra Viali e strade Consolari, nella ricerca di un posto in cui sentirsi finalmente a casa.
Due mezze vite le sue, decisamente “non illustri”, vissute fra Licei prestigiosi e palestre malfamate, il progetto di iscriversi alla facoltà di Arte e i raduni di neofascisti di borgata.
Due mezze vite segnate dal cortocircuito di due storie d’amore, entrambe deludenti, che fatalmente si frantumano lungo quella stessa linea di demarcazione fra le Rovine e la Quaresima.
Non resta che imboccare il Raccordo e andare incontro al proprio destino.
Tommaso Giagni
“L’estraneo”
Einaudi.
Recensione di Valerio Scarcia
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