L’ETÀ DELL’INNOCENZA, di Edith Wharton
Edith Wharton è stata prima donna a vincere il premio Pulitzer con il suo romanzo L’età dell’innocenza che è stato pubblicato nel 1920 a New York; questo romanzo si può definire senza dubbio un romanzo storico in cui la storia d’amore impossibile tra il protagonista Newland e Ellen ne è solo un aspetto e forse non il principale, e anzi essa viene usata come occasione per descrivere con durezza un’epoca ormai al tramonto, un’epoca fatta di apparenze e pregiudizi. Parliamo della New York di fine 800 quando ancora la città era piccola e provinciale con un rapporto di forte sudditanza culturale dall’Europa.
L’autrice offre un affresco della sua città e la dipinge con i colori grigi e tristi di un ambiente ristretto e dominato dall’ipocrisia, dai pettegolezzi e dalla cura esasperata per le apparenze, l’alta borghesia capitalista vive aggrappata ai suoi valori e ai suoi principi sociali come gli unici possibili, in cui le apparenze valgono molto più della sostanza; una società ormai decadente, accerchiata e sospinta fuori dalla storia dai nuovi ricchi della borghesia commerciale e finanziaria, portatori di nuovi stili di vita in grado di smontare il vecchio sistema di valori e tradizioni.
In questo ambiente dorato e ipocrita, alle donne giovani veniva richiesto di essere innocenti, dolci, belle, di sapere condurre la casa e parlare di moda, feste, lasciando agli uomini tutto il resto.
Newland è il protagonista di una storia d’amore impossibile ma è l’unico personaggio che intuisce i cambiamenti culturali e dei costumi ormai prossimi e che forse li apprezza anche, ma non ha il coraggio di sostenerli fino in fondo agendo di conseguenza, invece si lascia andare e si piega alla tradizione; vive in bilico tra due mondi e non sa decidersi dove stare, è tentato, ma anche lui ama “innocenza” delle donne e il loro ruolo tradizionale e la detesta allo stesso tempo.
E qui forse emerge un pensiero o per meglio dire, una riflessione, ossia che a caratterizzare la nostra vita, e a darvi un senso di realtà determinandola sono più diffusamente e più spesso le scelte non fatte, più di quelle portate a termine; ossia, le conseguenze, del nostro “non agire” hanno più implicazioni e sono più numerose e determinanti del nostro stesso agire e questo fa pensare al peso tremendo che l’indifferenza, l’estraneità e la mancanza di empatia possono avere nella nostra esistenza.
Recensione di Patrizia Franchina
L’ETÀ DELL’INNOCENZA Edith Wharton
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