LETTERE DALLA KIRGHISIA, di Silvano Agosti
In un periodo storico in cui siamo sempre più avvezzi a libri, film e serie tv distopici è una piccola rarità trovare un libro utopico, che spera di far riflettere in positivo le persone.
In questo piccolo libro l’uomo è visto come il bene primario e quindi la società è organizzata intorno al suo benessere.
In Kirghisia (Paese immaginario) vi è una nuova organizzazione del lavoro, che lascia a tutti più tempo per vivere; siccome apprendere e studiare non sono sinonimi, è diversa anche l’organizzazione scolastica, permettendo ai ragazzi di apprendere secondo i propri interessi, dalla vita reale e dalla tecnologia; il Paese è governato a favore di tutti i cittadini; gli anziani non sono i nuovi emarginati sociali; le strade sono tenute pulite da tutti i cittadini; l’amore è vissuto liberamente e naturalmente; le persone si rispettano e, in conseguenza a ciò e a tante altre piccole cose, malattie, uso di sostanze e delinquenza sono inesistenti o quasi.
Un piccolo paradiso insomma, ma è poi così irrealizzabile e utopico?
Mi colpiscono le parole dell’autore nell’introduzione “Affido questo testo all’intelligenza di chi lo leggerà, augurandomi che ognuno si chieda quale sia l’ostacolo che impedisce ancora oggi alla Kirghisia, a questo Paese meraviglioso, di esistere ovunque e nel mondo intero e quale sia la responsabilità di ognuno nell’accettare di essere ancora tutti sottomessi a una serie di norme e di scelte, che nulla hanno a che fare con il valore immenso di ogni essere umano”.
Recensione di Alessandra Minops
LETTERE DALLA KIRGHISIA Silvano Agosti
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