LEZIONE DI ANATOMIA, di Philip Roth (Einaudi)
Tematica un tempo in gran voga (oggi decisamente ‘out’) quella dello scrittore maschio bianco etero americano in crisi di coscienza e di ispirazione.
Per gli appassionati delle situazioni narrative dal gusto retrò.
Nathan è uno scrittore che ha avuto tutto dalla propria carriera artistica: soldi, successo, celebrità e gratificazione sessuale. Per cui non gli resta altro da fare (per provare ancora qualche brivido esistenziale) che somatizzare le proprie ansie convogliandole in un invalidante problema muscolo-scheletrico.
Incipit vita nova.
Da qui comincia la classica trafila del dolore: fatta di visite specialistiche (tanto costose quanto infruttuose), utilizzo di svariati farmaci, ricerca autonoma fai-da-te su testi e manuali di medicina. Fino alla decisione di intraprendere una carriera in campo medico a più di quarant’anni, reiscrivendosi all’Università non più come umanista ma come studioso di medicina.
Per fare qualcosa di utile per sè e per il mondo. Sostituendo alla terapia della parola (o presunta tale, quella della narrativa cioè) la terapia del bisturi e farmacologica.
Riuscirà il nostro eroe nel proprio intento? E poi: la medicalizzazione del mondo servirà davvero a salvare più vite umane rispetto alla sua fabulizzazione? E se le case farmaceutiche si unissero a quelle editrici potremmo finalmente sperare in un mondo nuovo di huxleyana memoria?
Interrogativi malposti e fuori moda come l’argomento di questo benscritto romanzo.
LA LEZIONE DI ANATOMIA ☆ PHILIP ROTH
Recensione di Marcello Ferrara Corbari
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