LIBRI A CONFRONTO: IL CACCIATORE DI AQUILONI di Khaled Hosseini HO IMPARATO DALLE FORMICHE di Khalid Kakar STANOTTE GUARDIAMO LE STELLE di Alì Ehsani
Premessa: il post deriva dalla lettura appena finita de Il cacciatore di aquiloni. E’ un libro che uscì quand’ero al liceo, fece tanto parlare di sé e all’epoca non lo considerai. Tendenzialmente evito i libri nel momento del loro massimo successo commerciale e qualche anno dopo provo a vedere se avevano avuto o meno ragione. Inoltre, fino al 2001 si parlava poco dell’Afghanistan, nonostante i numerosi conflitti che aveva subìto nell’ultimo decennio.
Devo ammettere che il libro di Hosseini mi ha lasciato senza respiro fino alla fine. Ero pieno di pregiudizi, pensavo che fosse un’opera un po’ pacchiana e con degli stereotipi, invece l’autore prende sempre una piega diversa: ogni volta che pensi che miri a una direzione ecco che ne sceglie un’altra, con discreti colpi di scena e con un’ottima capacità di coinvolgimento. Oltre a questo, è una storia sull’Afghanistan. Pensavo che fosse la sua storia, invece, sebbene sicuramente ci siano sprazzi del suo vissuto, non si tratta della sua autobiografia.
Prima di questo ho letto gli altri due libri, che invece sono due autobiografie. Cos’hanno in comune? L’Afghanistan in primis. Ma oltre a questo, sono tre storie diverse con dei punti in comune, ovvero tutte e tre raccontano degli episodi più o meno simili, come quello dello stadio con le lapidazioni e la facilità con cui si poteva essere puniti da un talebano. Soprattutto, restano un’importante testimonianza della storia recente di quel paese massacrato e distrutto e di tutta la sua regressione culturale, del fatto che afghano non significhi talebano (anzi), dell’invasione russa prima e della vittoria dei talebani poi celebrata inizialmente come una felice liberazione.
In particolare di Khalid Kakar e di Alì Ehsani sono importanti le descrizioni del loro viaggio da lì… a qui, in Italia, e del loro impatto con la nostra cultura. Un viaggio infernale, ma necessario, obbligato. Tutte e tre le storie lasciano una ferita profonda, perché nei momenti in cui scrivo questo pensiero e qualcuno lo legge, laggiù i bambini continuano ad essere vittime di forti abusi, qualcuno sta viaggiando tra l’Iran e la Turchia o dal Pakistan alla Grecia, qualcun altro ha guardato negli occhi un talebano per sbaglio, qualcun altro ancora sta guardando uno spettacolo che non dovrebbe. Il tutto, come afferma a un certo punto Kakar (un ingegnere che ha lavorato per la Nato) sotto gli occhi indifferenti di nazioni potenti.
Il cacciatore di aquiloni è un romanzo di forte impatto, da leggere almeno una volta, gli altri due sono due testimonianze ancora più potenti, che ti fanno sentire tutta l’esperienza vissuta del protagonista/autore e pongono una riflessione sull’Afghanistan che è stata un tempo e sui suoi tristi cambiamenti.
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