C’ERA UNA VOLTA A HOLLYWOOD, di Quentin Tarantino (La nave di Teseo – Luglio 2021)
Dopo aver letto questo libro (il primo romanzo di quel genio di Quentin Tarantino) ho tirato un sospiro di sollievo: anche i geni sono esseri umani!
Tarantino lo conosciamo tutti. Credo non esista persona sulla faccia della terra con un minimo di curiosità cinematografica che non abbia visto almeno uno dei suoi film. Beh, io li ho visti tutti e, chi più chi meno, mi sono stra-piaciuti tutti. Compreso “C’era una volta a… Hollywood” che, peraltro, considero uno dei suoi migliori.
Quando dunque ho saputo che Quentin aveva in mente di appendere il ciak al chiodo per dedicarsi a una nuova vita artistica (quella di scrittore, per l’appunto), da una parte m’è preso un colpo (niente più film “Pulp”, niente più personaggi alla “colonnello Hans Landa”, niente più balli e arti marziali, niente più piedi e botte da orbi, niente più plagi e omaggi più o meno dichiarati vabbè…), dall’altra però ero già rassegnato ad accoglierlo nell’Olimpo dei grandi scrittori, nella convinzione che un genio dovesse essere geniale sempre.
Ebbene, non è così. Quantomeno non lo è con Tarantino. E perlomeno non lo è stato con questo libro.
Il romanzo ha momenti molto riusciti, che quasi sempre coincidono con i momenti di dialogo e azione ripresi poi nel film, tanto che sembra di leggere una vera e propria sceneggiatura. Ma la parte strettamente narrativa presenta svariate pecche. In sostanza si riduce a tutta un’assurda compilation di aneddoti legati alla Hollywood degli anni 80. Elenchi interminabili (e formidabili) di film (alcuni veri, altri inventati di sana pianta da Tarantino), di cui veniamo a conoscere la trama nei minimi dettagli; elenchi di nomi di attori e attrici (alcuni veri, altri inventati di sana pianta da Tarantino) di cui veniamo a sapere vizi e virtù, anzi no: solo vizi; elenchi di nomi di musicisti, di band, di dischi, di serie tv (naturalmente, alcuni veri, altri inventati di sana pianta da Tarantino)… Per ognuno di questi nomi o titoli, Tarantino sente il bisogno di raccontarci qualcosa. Il più delle volte l’operazione, indubbiamente interessante (e formidabile, come appena detto) per certi versi (ma probabilmente apprezzabile fino in fondo solo da un accanito cinefilo), non consegue altro risultato se non quello di rallentare la narrazione della storia principale, diluire i fatti, disorientare il lettore. Così, il romanzo risulta essere a tratti noioso, lento, ridondante.
E poi, cosa che davvero non sono riuscito ad accettare: mancano tutti i migliori momenti del film! Lo stesso pazzesco finale, nel romanzo è solo accennato, per di più a metà libro, con una specie di assurdo e brevissimo flash foreward!
Insomma, leggere questo libro mi ha dato conferma del fatto che Tarantino sia un regista e sceneggiatore geniale. Ricavare un grande film da questa accozzaglia di pagine significa essere visionari; avere una visione cinematografica cristallina. Significa guardare la vita come se si avesse sempre un occhio nel mirino di una macchina da presa a 70 mm.
Dall’altra parte, mi ha fatto capire una volta di più che cinema e narrativa sono due mondi completamente diversi. Ora che ci penso, non mi viene in mente un solo scrittore che abbia eccelso in entrambi i campi (ma la memoria potrebbe tradirmi).
Poi, c’è un’altra cosa da dire.
Le battute di Tarantino, i suoi dialoghi, per quanto sempre originali e divertenti, su carta funzionano poco. Non rendono come in un film, dove gli attori, la musica, il montaggio, le inquadrature contribuiscono a confezionare un prodotto efficacissimo e soddisfacente. Nei film di Tarantino, non bisogna sottovalutare la bravura degli attori e, naturalmente, la straordinaria abilità del regista nel dirigerli e nel farli rendere in modo conforme e adeguato alla propria idea di film e di cinema.
Un motivo in più per giustificare l’urgenza di una petizione: ti prego, Quentin, lascia perdere i romanzi e continua a fare film!
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