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Libro IL BAMBINO CON IL PIGIAMA A RIGHE, di John Boyne – Film Regia di Mark Herman
Libro
Ho ricevuto in prestito da una collega il cofanetto contenente il libro e il dvd del film de IL BAMBINO CON IL PIGIAMA A RIGHE di JOHN BOYNE. Naturalmente ho letto il libro prima di vedere il film per non lasciarmi influenzare dalla visione, perciò racconterò prima cosa ne penso della lettura di questo libro, poi passerò a dire il resto sulla versione cinematografica.
In entrambe le copertine del libro e del dvd c’è la medesima foto, cioè due bambini seduti a terra l’uno di fronte all’altro, uno bruno, vestito normalmente, e l’altro con la testa rasata e un goffo completo, molto più grande della sua taglia, a fasce verticali bianche e nere. A dividerli c’è una rete metallica dal filo spinato molto alta. Sono Bruno e Shmuel, rispettivamente l’uno tedesco, di pura razza ariana e figlio di uno spietato comandante delle SS, l’altro un coetaneo ebreo prigioniero del lager di Auschwitz. Poi vedremo chi sono nel dettaglio.
Il romanzo, scritto da John Boyne e pubblicato da BUR, inizia con il ritorno di Bruno da scuola in una Berlino del 1942, quando impazzava, a tutto spiano, la persecuzione degli Ebrei.
Nella sua stanza, una volta entrato, il bambino trova Maria, la cameriera, a rovistare nel suo armadio per preparare le valigie a causa dell’imminente partenza di cui lui non sa ancora niente. Andranno ad Auschwitz, in una tetra casa nei pressi del famoso campo di concentramento, perché suo padre è stato promosso comandante ed è uno degli uomini di fiducia del Führer.
Bruno lì si sente molto solo e a niente serviranno la presenza della sorella maggiore, Gretel, di 12 anni, e della mamma, né quella del giovane (e crudele) tenente Kotler, di cui si è invaghita la sorella. Sente la mancanza dei suoi tre più cari amici di Berlino, per questo, un giorno, preso dallo spirito dell’esploratore (professione che vorrebbe fare da grande), si avventura fino a un alto recinto di filo spinato: è la fattoria che vede dalla sua finestra, dove lavorano persone che indossano tutte uno strano pigiama a righe bianche e nere. Seduto nei pressi della rete, ma dall’altra parte, c’è un bambino dalla testa rasata, che sembra avere la sua età. È Shmuel, un ebreo coetaneo di Bruno, rinchiuso nel lager con cui il piccolo tedesco intreccerà una profonda amicizia, che lo porterà a scordare perfino i vecchi amici e la nostalgia per la grande e bella casa di Berlino.
Bruno non sa che cosa stia, in realtà, accadendo in Europa, in particolare, in Germania: sa che c’è la guerra, ma non ha alcuna coscienza della persecuzione degli Ebrei. La sua innocenza, volutamente e accuratamente preservata dal padre, nonostante gli insegnamenti nazisti del maestro Liszt ad Auscit (come lui chiama Auschwitz, non riuscendo a pronunciare il nome correttamente) e la sua solitudine, lo porteranno a cercare altri modi per riempirla. Uno di questi sarà proprio l’avventurarsi nel bosco fino al confine esterno del campo di concentramento più famoso della storia della persecuzione ebraica, dove, ad aspettarlo ci sarà, del tutto casualmente, il piccolo, pallido ed emaciato Shmuel, prigioniero del campo, con cui inizierà una serie di incontri quasi quotidiani, e, grazie a cui, si sentirà gradualmente meno solo, fino al giorno in cui, per aiutare il suo amico, Bruno non entrerà nel lager travestito da ebreo per cercare il padre di Shmuel, scomparso da qualche giorno…
Il romanzo dell’irlandese John Boyne, IL BAMBINO CON IL PIGIAMA A RIGHE, è stato pubblicato nel 2006 ed è stato uno dei libri più venduti al mondo, da cui è poi stato tratto un commovente film per la regia di Mark Herman.
La scrittura che Boyne adotta ha il linguaggio ingenuo e innocente proprio di un bambino di 8-9 anni, come Bruno, che chiama Auscit il luogo geografico dell’infernale campo di sterminio.
La lettura è scorrevole, piacevole e molto veloce, con riflessioni tipiche di bambini di quell’età. Non ci sono vere e proprie riflessioni profonde, più frequenti in un pensiero adulto, bensì pensieri brevi e deduzioni veloci, ma ingenue e ignare della mostruosità, che si perpetra nel luogo vicino a cui vive, come solo a quell’età si possono elaborare. Del Nazismo si fa solo qualche vago accenno, ma la cosa non sembra toccare Bruno, che, al contrario, ci tiene a rafforzare i suoi rapporti con Shmuel, tanto da convincersi ad oltrepassare la rete per aiutare l’amico e…
È un libro consigliatissimo e adatto a tutti, che vi toccherà il cuore.
Film Regia di Mark Herman
E adesso passiamo al film e ad eventuali parallelismi con la versione cartacea.
La storia è sempre quella di Bruno, figlio di un ufficiale nazista, incaricato di comandare i soldati addetti al campo di concentramento di Auschwitz.
Il libro era stato scritto da John Boyne da cui, nel 2008 il regista Mark Herman trasse un film molto fedele al soggetto originale, pur con qualche piccolo ritocco, che, secondo me, è azzeccato.
Il film ha reso, infatti, molto bene l’idea dell’Olocausto e della guerra nelle immagini iniziali ambientate a Berlino, dove si vedono caricare gli Ebrei sulle camionette militari, destinate ai campi di concentramento. Ma, nonostante ciò, si nota l’innocenza dell’infanzia di Bruno e dei suoi compagni, i quali, usciti da scuola, non fanno troppo caso a certe scene: corrono invece spensierati sfidandosi per divertimento, così come si nota la tristezza di Shmuel, dietro la rete di filo spinato.
Le scene iniziali si sono svolte a Budapest, in Ungheria, città che il regista aveva scelto, spiega nei commenti aggiunti, perché antica e moderna, allo stesso tempo, e molto somigliante alla Berlino degli anni ’40 e perché in quella nazione c’era già un set pronto, ricostruito come un lager.
Nel DVD sono contenute le scene tagliate, il commento del regista, degli attori e dello scrittore, più il making off del film.
La visione del “Bambino con il pigiama a righe” non sconvolge chi lo vede, perché non contiene scene cruente o violente. Anzi, si avverte l’infanzia dei due bambini, con una curiosità, da parte di Bruno, di capire cosa c’era di così diverso tra lui, tedesco, e il suo amico ebreo; mentre in Shmuel c’è già l’amara consapevolezza della crudeltà e dell’ingiustizia dei soldati tedeschi e degli adulti, in genere.
Ho sentito alcuni bambini di 10 anni parlare di questo film, dopo la visione: sono stati tutti molto toccati dalla vicenda e perfino increduli di fronte a tanta crudeltà, ma sensibilizzati molto più che da certe superficiali visioni di programmi odierni adatti alla loro età. “Il bambino con il pigiama a righe” è, infatti, un film adatto a tutti, in particolare, a partire dai 10-11 anni di età, perché più comprensibile dai bambini più maturi, proprio come il libro, nato per la stessa fascia d’età.
Buona lettura e visione a tutti!
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