L’incantevole solitudine della maggioranza – Il gregge di Davide Grittani (Alter Ego – febbraio 2024)
Scrittore e editorialista per il Corriere del Mezzogiorno, all’attivo cinque romanzi e tre candidature al Premio Strega – per Davide Grittani le parole hanno un peso, eccome. Quando scrive, Grittani prende una posizione netta, quasi epistemologica. I temi hanno l’aderenza della cronaca e lo stile assume lo spessore di una scelta. Con il suo ultimo romanzo – Il gregge, Alter Ego Edizioni – la parola acquista la piena consapevolezza politica e morale. Con una storia sorprendente e carica di colpi di scena, Grittani ci mette di fronte a due verità scomode ma non più rimandabili: il valore etico dei termini nei quali decidiamo di rappresentarci, e la necessità di recuperare una morale civile contro la deriva della democrazia.
“L’aria è cambiata”, così promette lo slogan che Matteo Migliore – vigliacco, ipocrita, trasformista e xenofobo – ripete sui ledwall a caratteri cubitali, affamato di voti e volti a sostegno della propria candidatura a sindaco della città. A fare squadra intorno a lui chiama i vecchi compagni e amici del liceo Pasolini: il protagonista della storia (del quale non viene detto il nome), Lamartora, dell’Atti, Cantalupi e Zavaglia. Il programma politico di Migliore non sembra avere, peraltro, una progettualità ideologica che vada oltre il mero ritorno di consenso. Tuttavia, i suoi vecchi compagni accettano di buon grado il lavoro, anche il più dubbioso (che è forse proprio il protagonista della storia). Come ricorda Dell’Atti, ciò che interessa sono i picciuli. A questa reunion si aggiunge Melis, il responsabile della comunicazione del candidato, infido, opportunista e dipendente dalle vanity metrics . Manca solo il buon vecchio Bulldog, finito a lavorare per la Finanza e morto qualche anno prima in seguito a un incidente stradale, che non ha mai convinto gli inquirenti. I comizi in piazza proseguono a infiammare gli animi con vaghe promesse demagogiche e con il favoreggiamento poco felice di tutti. Un giorno, il protagonista scopre che Bulldog stava indagando su una grossa evasione fiscale, nel quale era coinvolto l’allora commercialista Matteo Migliore…
Una satira civile del decadimento etico ed estetico dei nostri tempi
Non è vero ma ci credo, diceva Peppino De Filippo. I personaggi che compongono il gregge – che beninteso si differenzia dal branco per l’incapacità di una critica individuale – sono tutti intimamente compromessi o scorretti, capaci di raccontare e di autoconvincersi anche della più distorta delle verità. Tra di loro, non uno resta fedele a sé stesso. Non uno risponde alla chiamata della propria coscienza. O forse qualcuno ancora sì. In fondo.
La debolezza della morale personale si traduce – nel romanzo come nella vita – nell’assenza di un’etica sociale che convalidi il senso di collettività. A questa decadenza, Grittani oppone l’esattezza e la trasparenza della parola. E se le parole contano, ancora di più contano le scelte. Conta la coerenza di Bulldog, che persegue la giustizia anche a spese del proprio interesse privato. Contano i silenzi omertosi e la violenza verbale dei comizi di piazza, le inversioni di rotta e i cambi di partito, i pregiudizi, le manipolazioni, le amnistie. Conta tutto, e tutto concorre a restituirci l’incantevole solitudine della maggioranza.
Il ricorso alla finzione mediatica si fa sistemico nel perverso gioco delle parti: populismo, droni a caccia dell’inquadratura migliore, assenza di valori – felpe arcobaleno e campi rom, palazzi scintillanti dove si fanno le sorti del Paese e incontri non ufficiali nell’insospettabile sede dell’Ikea. Non manca niente a raccontare la volgarità dei tempi moderni. Sembra uno scherzo, ma se davvero tutto si fosse ridotto alla sola schiavitù del consenso, non potremmo certo stupirci se il futuro di cui ci riempiamo la bocca si rifiutasse di dare il cambio al mondo che gli offriamo.
La politica, dunque, è lo specchio ultimo di una decadenza morale e civile. Perché la candidatura di Matteo Migliore è il momentum di una società pressapochista ed egoica, che non conosce la differenza tra populismo e popolarità, tra destra e sinistra, tra conveniente e connivente.
Il gregge di Davide Grittani ci grida l’urgenza di ristabilire – e di farlo in primis con noi stessi – i valori di una convivenza democratica. In questo romanzo non si salva nessuno, nemmeno le vittime. Nemmeno chi ci ha creduto per eccesso di zelo. Il gregge non condanna l’immoralità, bensì denuncia definitivamente l’amoralità dei nostri tempi, e ci restituisce un dubbio feroce. Quando la cosa giusta non è la più facile e nemmeno la più favorevole, sappiamo ancora fare la cosa giusta?
Recensione di Federica Carossi
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