L’INVENO DELLA LEPRE NERA Angela Tognolini

L’INVENO DELLA LEPRE NERA, di Angela Tognolini (Bompiani – settembre 2024)

Nadia è una bimba di nove anni, che vive in città con la madre Rosa. Un’esistenza, la loro, fatta di silenzi assordanti, di mancanze, di gesti privi di calore. Una casa solitaria, fredda, povera di amore, ricca, putroppo, solo di dolore e vuote prospettive. Anche il Natale è scivolato addosso fra le stanze senza fare nessun dolce rumore, senza colori.

Il mattino del giorno dopo però Nadia prepara uno zaino, e messa al corrente senza troppi preamboli la figlia, punta con l’auto verso un parcheggio che confina con la montagna. Fugge dalla città tossica dentro e fuori di loro. Madre e figlia iniziano un cammino fra il fitto di un bosco di cui Nadia ha paura, ma che la propria madre sembra conoscere a menadito.

Dopo un lungo cammino arrivano ad una baita situata in un pianoro, circondato da alberi, dove la natura è libera di respirare e donare ossigeno agli esseri umani.

Qui ad accoglierla c’è lo zio Tone, uomo ruvido ma che sa ascoltare con attenzione.

Abiteranno per un periodo in quella piccola casa dei montagna, spartana, povera di confort ma accogliente nome un abbraccio, calda come il latte dentro una scodella, profumata come una vita vissuta con amore.

Qui Rosa e Nadia, ritroveranno forse, nuova linfa per riconoscersi l’una nell’altra, dopo tanto dolore. Ed è grazie alla montagna e al bosco magico che la bambina si immergerà totalmente, prima con qualche riserva e timore, poi con sempre più consapevolezza nel suo essere presente nel mondo, con la sua corporeità, i suoi sensi, la sua nuova pelle.

Perché è la natura che ad un certo punto entrerà dentro di lei; si sentirà leggera con ali di pino, profumata di resina, conoscerà la vita degli alberi, si sentirà coraggiosa fin nel midollo e sarà vento e nube che fugge nella notte stellata. Una mente che ha sempre pensato, ragionato, ora esperisce con più vigore, con maggior consapevolezza.

La montagna con i suoi ritmi ancestrali, arcaici diventa per Nadia rito di iniziazione, un avvento, una attesa che a mano a mano disvela, fa conoscere anche altro: della propria madre, di un padre che si era sforzata di dimenticare, di tanti perché che diventano poi risposte vitali, fondamentali. E così sarà per Rosa, che affronterà un cammino in salita, partendo dagli inferi cittadini, che la condurrà alla libertà, al suo essere di nuovo, a riscoprirsi mamma che dona affetto e non reprime, che si risvela.

Tutto ammantato da un velo di magia, di una luce magica m, da un buio del bosco che non nasconde ma disvela, e della presenza di una lepre nera che da secoli osserva, annusa l’aria, arruffa il pelo e, a chi ha la fortuna di vederla, dona il coraggio di vivere.

Con tutto il cuore consiglio questo romanzo che, come una favola, cura le ferite. Quindi fatevi un regalo per Natale e sfogliate, nell’attesa del 25 dicembre, pagina dopo pagina di questa poetica storia.
“La vita non è una linea su cui si avanza dritti. Non è una partita a scacchi col destino. La vita somiglia a una ragazza che incespica lungo un pendio. È lei a dirigere i passi lungo il declivio? È lei a sciogliere il ritmo o è la pendenza? La vita è senza equilibrio, a volte sgraziata, spesso ridente. Se non si ferma non cade, se non si ferma non crolla. Lo sai che cosa serve, per questa lunga, goffa corsa? Ci vogliono caviglie salde e fiducia nel prato. Hai paura di cadere? Corri. Hai paura di morire? Vivi. Se la lepre non si arresta, il ciclo non si chiude. Ogni stagione svanisce e diventa ricordo. Ogni dolore scolora e diventa memoria. Ogni sbaglio si sperde, ogni gioia si scorda. Finché il prato è lungo, non c’è che da incespicare verso il fondo”.
Buone letture!

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