L’INVENZIONE DI NOI DUE, di Matteo Bussola (Einaudi)
Di solito, per valutare un libro, parto dalle premesse della storia o dalle intenzioni dell’autore. Questo, però, è un romanzo che mi è arrivato lungo un percorso particolare; diciamo che è un regalo, ma che è anche qualcos’altro.
Il contesto che l’ha portato da me sicuramente influenza l’opinione che ne ho, ma non saprei in che misura.
Ho letto che qualcuno sostiene che non si tratti del miglior romanzo di Bussola, cosa di cui essere ulteriormente grata, dato che già L’invenzione di noi due mi ha rapita.
E’ un romanzo parzialmente epistolare i cui protagonisti sono Nadia e Milo, coniugi da oltre quindici anni che conducono un’esistenza ordinaria, senza figli e apparentemente appagante.
Appagato, quantomeno, lo è Milo: mancato architetto per scelta, chef in un’osteria di discreto successo per necessità ma anche per virtù. Gli piace trasformare le materie in qualcos’altro, soprattutto in qualcosa che piace a Nadia.
Quest’ultima è meno appagata: scrittrice senza pubblico e senza editore, madre di un eterno romanzo incompiuto, lavoratrice saltuaria per una redazione giornalistica. Schiava della sua passione per la letteratura, è un’eterna insoddisfatta.
Il loro amore sboccia tra i banchi di scuola prima ancora di conoscersi: il loro vero incontro giungerà oltre dieci anni dopo, ma si riconosceranno immediatamente.
Tutto bene? Sì, per molto tempo quello di Milo e Nadia è un matrimonio felice e brioso. Finché Milo, negli anni, vede la luce gioiosa di sua moglie spegnersi lentamente, apparentemente senza un motivo, forse soffocata dalla frustrazione di un romanzo che le toglie più di quanto lei sia in grado di dare. Forse, appunto. Ma forse il motivo è un altro. O forse è anche un altro.
E così Milo, innamorato e devoto esattamente come quindici anni prima, si finge qualcun altro per giungere al centro emotivo della moglie attraverso l’unico mezzo che sembra smuoverla: la scrittura. Uno scambio di mail tanto rivelatore quanto pericoloso per la coppia.
L’invenzione di noi due è un romanzo breve ma delizioso, per quanto ferocemente verosimile nel descrivere con minuzia la morte lenta dell’amore, un’agonia protratta e lucida. Un romanzo che è quasi l’autopsia del matrimonio medio, quello in cui la passione si spegne e l’amore è sostituito dalla sopportazione quando va bene, dalla malcelata frustrazione quando non va altrettanto bene.
L’ostinata speranza di Milo di riaccendere la luce della moglie è ammirevole, lo spirito d’iniziativa con cui mette in atto la trappola per riconquistarla suscita tenerezza.
Nadia è una donna difficile, dalle mille sfaccettature e tutte quante spigolose: è crudelmente sincera, ferocemente diretta. Non è cattiva, non vuole ferire Milo, ma è talmente delusa dalla direzione che ha preso il suo matrimonio che arriva fin quasi a disprezzarlo.
L’invenzione di noi due non è un manuale per le coppie in crisi, né per quelle felici, è una storia come tante, forse anche banale, ma che ci svela qualche meccanismo inedito, elimina i filtri della narrazione in terza persona per spostarsi sul punto di vista di Milo, fornendoci una catena di pensieri coinvolgente e lacerante. Non ci sono drammi, ma è comunque un romanzo che fa male nella sua lucida e brutale analisi dell’amore morente. Morente, però, non è sinonimo di morto. Milo lo sa, ci crede, e fa di tutto per trasformare le piccole braci del suo matrimonio in un un nuovo focolare, rigoglioso e scoppiettante.
La scrittura di Bussola è fluida ma affatto banale, estremamente efficace e perfettamente aderente alla tipologia di romanzo. Insomma, per me è da dieci, perchè scrivere qualcosa di così piacevole e doloroso al contempo senza ricorrere a colpi di scena o drammi e senza sfruttare un qualche trauma dei personaggi per stimolare i pruriti dei lettori curiosi è ben più che apprezzabile.
L’esempio lampante di come con poco si possa costruire molto, e di qualità.
Consigliato.
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