L’ORA DELLO SPETTRO Barbara Ghedini

L’ORA DELLO SPETTRO, di Barbara Ghedini (Damster – maggio 2024)

Reggio Emilia, fine anni ’90. Sì, me la ricordo ancora. Ci ero andata ad abitare da poco e stavo facendo del mio meglio per ambientarmi ma…ho presente.

La nostra è una cittadina discreta: non ama essere al centro dell’attenzione, lascia spesso il testimone alle vicine Modena e Parma, che paiono avere sempre qualcosa in più da dire.

Questa volta invece no. Questo romanzo è ambientato proprio nella Reggio Emilia che ricordo io.

La città in cui, apparentemente, non accade mai nulla.

La stessa città in cui vent’anni prima a Diana si manifesta “la Cosa”.

E’ passato tanto tempo, lei ha praticamente dimenticato di averne fatto conoscenza, niente sapendo che proprio in quei giorni di intenso stress lavorativo, si sarebbe rifatta viva con la sua inconsistente ma pesantissima presenza.

A proposito di lavoro… Diana da grande vorrebbe fare la fumettista, e di fatto lo fa già, ma per una piccola casa editrice, che ha un estremo bisogno di soldi, come qualsiasi piccola casa editrice indipendente che si rispetti.

Che fare se l’idea non arriva?

Il capo ha una soluzione: la casetta estiva al Ventasso, per rilassarsi e farsi venire in mente qualcosa. A Diana il capo cede addirittura la macchina, un benefit inaspettato…

Ma il turbinio di eventi che sconvolgerà la vita di questa ragazza ha inizio proprio lì, in un tranquillo weekend di disegno… pensava lei quando si è messa in macchina.

Devo dire che questo romanzo sembra davvero la sceneggiatura di un fumetto. I personaggi sono tratteggiati in maniera particolareggiata, ma non prolissa. Anche i luoghi si individuano presto grazie a pochi ma essenziali particolari.

Ciò che arricchisce il romanzo è una scelta molto precisa della “colonna sonora” ad esempio. Sembra buffo parlare di musiche per un libro, ma non è la prima volta che accade. Ci sono diversi autori che per descrivere meglio l’epoca in cui è ambientato il romanzo citano pezzi di canzoni o titoli. Mi piace questa tecnica e l’autrice di questo romanzo, un po’ come per le descrizioni, se ne serve ma non in maniera eccessiva e superflua.

Un’altra caratteristica che mi è piaciuta e che avevo già trovato nel suo precedente romanzo, è la tecnica del “cambio di discorso” (termine coniato da me in questo momento). Il capitolo finisce con una scena clou non ancora terminata, ma il capitolo successivo sposta il baricentro della vicenda altrove, apparentemente senza motivo. Questo cambia la prospettiva e il ritmo e mi piace molto perché lascia l’acquolina in bocca fino al capitolo successivo.

A condire questa impalcatura ben congegnata ci sono dei delitti, dei killer misteriosi, delle ragazze in pericolo, una nonna preoccupata di trovare un fidanzato alla nipote.

Non manca nulla… oso dire che mi è piaciuto più del primo…perché se in “un’estate di polvere” Diana è una bambina in un libro per adulti, oggi Diana è una donna e ha molto più in comune con me, anche perché la sua Reggio è la mia, mentre quella degli anni’70 non mi apparteneva.

Perla conclusiva è il finale… che ho dovuto rileggere più di una volta. Enigmatico come piace a me.

Libro promosso e consigliassimo!

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