“Infranto l’ordine della mia vita, tentai per un certo tempo di ripristinarlo. Non mi riuscì. A quell’ordine dovetti rinunciare e allora conobbi la mia forza, scoprendomi più solida di quanto avessi immaginato”
E’ Marta che parla, una ragazza qualunque, di una famiglia perbene.
Ma da subito si percepisce che qualcosa non quadra, si legge che sotto questa apparente normalità c’è altro.
Marta sembra vivere in bilico, in attesa che qualcosa di brutto possa accadere, non si sente appartenere a ciò che la circonda, la sua vita non la sente sua, è assurdo, lo so, ma spesso le sensazioni dicono molto più delle parole.
Eppure saranno le parole ascoltate per caso, senza volere, che travolgeranno la sua vita, il suo ordine, la famiglia, lo studio, le relazioni con gli altri, tutto va in cortocircuito, si rompe, subisce un arresto.
Marta è costretta a resettare sé stessa.
“Non volevo morire, ma non amavo abbastanza la vita, almeno fino a quando dovetti lottare per salvarmela”
Inizialmente si annienta, si distrugge, si scompone, come in una sorta di big bang esplode e implode insieme, per poi pian piano ricostruirsi, nel corpo e soprattutto nell’anima.
“Un giorno mi vidi riflessa in una vetrina e mi riconobbi a malapena. Resistere fino a che avessi capito che piega dare alla mia vita: questa era la mia priorità”
E lo fa in un campo rom!
Forse è proprio di questo che ha bisogno, ha bisogno di ripartire da zero, di imparare a badare a sé stessa, di lottare per sé stessa, di vedere il mondo con altri occhi, di conquistare i suoi spazi, e non di dover contare sempre su qualcuno. Nel campo di Zaclina, Marta capisce cosa vuol diventare da grande, impara a rendersi utile, mette a frutto le sue conoscenze, conquista la fiducia degli altri grazie ai suoi meriti.
Marta impara a convivere con la fame e il freddo e lo sporco.
Nel campo riconquista il senso di appartenenza, che non ha mai sentito in famiglia.
E’ sicuramente una gagè con un futuro incerto, ma con loro ritrova la sua forza e si sente finalmente orgogliosa di sé.
Si toglie tutte quelle sovrastrutture e condizionamenti che le hanno imposto e impara a vivere anche di emozioni.
L’autrice mi ha raccontato una comunità, con le sue regole, le sue gerarchie, il suo modo di vivere e spesso sopravvivere, le sue tradizioni, i suoi riti ancestrali, le sue passioni, i colori, la musica.
Un mondo che viene descritto con tanto realismo e verità, nei suoi lati luminosi e in quelli oscuri.
“Il concetto di tempo per i rom è legato all’esperienza del presente, non c’è progettualità dell’esistenza. Un anziano del clan mi disse una volta che la differenza tra un rom e un gagè è la stessa che passa tra l’orologio e il tempo: l’orologio segna i secondi, i minuti, le ore, e tu sei certo che dopo le tre vengano le quattro, e poi le cinque., Il tempo invece è la pioggia, la neve, il sole e il vento, e tu non sai mai quello che verrà.”
L’ordine infranto è un romanzo commovente, che parla di disperazione, di abbandono, di rotture, di discese, ma anche e soprattutto di forza, di rivelazione, determinazione, passione, amore, generosità, voglia di riscatto e di amicizia.
E’ un libro che pone domande: a cosa si è disposti a rinunciare per trovare il proprio ordine? Per cosa vale la pena lottare? Quali sono le nostre priorità? Chi dice che la vita debba avere per forza un ordine?
Marta ha rischiato tutto, anche la vita, ma il suo ordine infranto l’ha resa migliore.
Buona lettura!
Recensione di Cristina Costa
L’ORDINE INFRANTO Maria Teresa Casella
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