L’ULISSE, di James Joyce: sempre più giovane a 100 anni della prima edizione – 16 giugno 1922-2022
Ulisse, di James Joyce (Bompiani – novembre 2021) A cura di Enrico Terrinoni Edizione bilingue
Il viaggio dell’eroe non è quello che interessa. Ovvero le azioni, la gloria, la temerarietà. Con James Joyce entriamo nel cuore del narratore, del personaggio, del flusso del pensiero, nell’antitesi dell’Ulisse omerico. Sconfinato, l’Ulisse di James Joyce si lascia confinare nei corpi dei lettori… e dei suoi protagonisti, che altro non sono che il riflesso di un pensiero che si fa senza corpo.
Le edizioni sono infinite. Fra le più recenti, cito l’edizione Nave di Teseo, uscita nel 2020, e l’edizione Bompiani, uscita nel 2021, che ha un pregio enorme ai miei occhi: il testo inglese a fronte.
Questo libro è un caso letterario, un impossibile esercizio di traduzione che attira i più fini linguisti di tutto il mondo. La sfida è per tutti alta. Come penetrare nel magma joyciano? Dove ci porta l’uso complesso del linguaggio? Parole che si accavallano, allontanando significati e significanti rendendo la lettura difficilissima, impossibile. Eppure affascinante. Altroché sfida! Questa è una matassa intricatissima e stratificata in migliaia di tessiture possibili. Intacca la lettura. I codici. I registri. L’analisi. La comprensione.
Ecco: vedere il testo originale, più che leggerlo, (come suggerisce lo scrittore triestino Mauro Covacich), aiuta a spingersi dentro il complesso mondo joyciano dell’Ulisse. Che considera anche la fisicità delle parole, delle lettere che compongono le parole. Delle frasi che si formano. E come risuonano nel nostro corpo. O parti di corpo, ognuna delle quali viene ripresa nei 18 capitoli che formano l’Ulisse joyciano.
Credo, che sia tenendo conto del nostro corpo, del nostro mondo sensoriale, del nostro quotidiano da lettori contemporanei, che forse riusciamo a entrare dentro il corpo del testo. Un testo senza punteggiatura, dove l’impaginazione crea le pause e il respiro diventa un esercizio di yoga che mette insieme mente e corpo.
L’aria dell’inspirazione e dell’espirazione mentre leggo sono fondamentali per non morire nel teso joyciano: senza è come trovarsi in un imbottigliamento in autostrada dove tutte le auto rischiano di tamponarsi ogni secondo.
Oggi non ho intenzione né di consigliare, né di ripetere tutto quello che è già stato detto su un libro unico. Come diceva Carmelo Bene: «Dopo l’Ulisse di James Joyce, non si potrà più scrivere un romanzo, poiché nell’Ulisse tutto è stato compiuto.»
Il mio intento oggi è celebrare il 16 giugno nel centenario della prima pubblicazione dell’Ulisse. Ricordare un autore immenso. Onorarlo. Sperando che gli arrivino le nostre urla di gioia per la sua grande opera omnia che ci ha lasciato. Lui, così poco capito dai suoi contemporanei.
L’edizione Bompiani propone il testo originale completo di varianti a stampa e manoscritte, la traduzione italiana, un’esaustiva introduzione, quattro saggi tematici scritti da esperti di fama internazionale e il commento puntuale con più di 200 pagine di spiegazioni e fonti. Curata da Enrico Terrinoni, anglista di fama internazionale, l’opera è arricchita da strumenti di lettura collaterali: schemi interpretativi redatti da Joyce, mappe della Dublino dei primi del Novecento in cui sono indicati i luoghi delle peregrinazioni urbane, corrispondenze omeriche e biografie dei singoli personaggi.
Il libro, come già accennato, racconta la giornata del 16 giugno 1904 sin dalle prime ore del mattino, così come la vivono tre dublinesi, i coniugi Bloom, Leopold e Molly e il giovane intellettuale Stephen Dedalus, già protagonista di “Ritratto dell’artista da giovane”. I tre antieroi (agli antipodi di Ulisse, Penelope e Telemaco) vivono una giornata come tante, lasciano scorrere i propri pensieri, inseguono ogni loro minima distorsione, sfaccettatura, rivelazione.
L’Ulisse segna l’inizio della letteratura contemporanea e della sperimentazione all’interno del genere romanzo. Fu scritto in Italia: il breve soggiorno romano tra il 1906 e il 1907 vede nascere l’idea, ripresa e sviluppata poi a Trieste molti anni dopo, per trovare infine conclusione a Parigi, dove sarà pubblicato in francese nel febbraio 1922. In Inghilterra, la pubblicazione a puntate era stata precedentemente interrotta perché considerato osceno.
Ancora oggi restano parti oscure impossibili da illuminare con studi e tentativi di traduzione e/o spiegazione. Per me il respiro è stato fondamentale. Soltanto praticandolo con rigore come impone la pratica indiana del pranayama (tecniche di respirazione e meditazione) si riesce a giungere alla fine, che trovo strepitosa, geniale, e che Joyce volle essere positiva. Aperta al futuro. Come vorrebbe diventasse Dublino (il mondo?) se riuscisse a uscire dalla sua paralisi creata da istituzioni imbalsamate e forze al potere poco sensibili alle problematiche sociali. Si auspicano: «mondi nuovi per rimpiazzare vecchi. Unione di tutti, ebrei, musulmani e gentili […]. Mai più patriottismo da ubriaconi e impostori idropici. Libero denaro, libero amore e una chiesa libera e laica in uno stato libero e laico.»
Così nelle parole di Molly abbiamo il “sì”, l’accettazione dell’altro, la scelta di accogliersi come scelta di amore e di rispetto reciproco: «e allora mi chiese se io volevo sì dire di sì al mio fior di montagna e per prima cosa gli misi le braccia intorno sì è me lo tirai addosso in modo che mi potesse sentire il petto tutto profumato sì è il suo cuore batteva come impazzito e sì dissi sì voglio. Sì»
Recensione di IO LEGGO DI TUTTO, DAPPERTUTTO E SEMPRE. E TU? di Sylvia Zanotto
Ulisse, di James Joyce
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