L’ULTIMA CORSA PER WOODSTOCK, di Colin Dexter (Sellerio)
Ho letto da qualche parte che i gialli di Colin Dexter, scrittore britannico che ha iniziato a scrivere negli anni 70 dando vita al personaggio dell’ispettore capo E. Morse, potrebbero essere definiti come libri che rispecchiano lo stile classico di grandi nomi quali la Rendell e P.D. James e per certi versi anche Agatha Christie e A. C. Doyle. E così, non avendo sinora letto niente di questo scrittore, ho deciso di cimentarmi con il primo della lunga serie (13 romanzi) che ha come protagonista Morse ed il suo stretto collaboratore, il sergente Lewis; qui il nostro detective si trova a dover risolvere la morte di una giovane ragazza che scompare e poco dopo viene ritrovata uccisa in modo brutale.
Il nostro ispettore è un uomo affascinante, che suscita interesse nelle donne ma è decisamente burbero e forse anche un po’ misogino, dando la preferenza ai doveri del suo lavoro; amante dell’enigmistica, della musica e della letteratura- rispecchiando in questo alcune caratteristiche del suo autore- ha un modo abbastanza inusuale di procedere alle indagini tanto da rendere perplesso il suo aiutante che alla domanda del capo che gli chiede se pensa che stia dicendo solo sciocchezze risponde sinceramente di sì. Vi troviamo un’ambientazione ed un’ ironia tipicamente britannica, un po’ fredda ma efficace, e seguiamo il procedere un po’ incerto del nostro investigatore – che per certi versi mi richiama alla mente l’Adamsberg di Fred Vargas- che si muove tra falsi indizi e situazioni complesse, riuscendo infine a venire a capo dell’enigma che sta dietro la morte della ragazza.
Un giallo interessante ed avvincente- caratterizzato dall’umanità dei suoi personaggi che si muovono nella vita quotidiana tra passioni e violenza- che mi ha invogliato ad approfondire la conoscenza di questo autore e del suo ispettore
Recensione di Ale Fortebraccio
Recensione 2
Non si discute Colin Dexter! Nell’ultima di copertina di questa prima indagine della serie dell’ispettore capo Morse, Corrado Augias sostiene “Colin Dexter può essere considerato il miglior erede di Agatha Christie: oso dire che per qualche aspetto la supera”. E Paolo Zaccagnini, nella nota posta a conclusione del libro, scrive “Un classico dei giorni nostri come P.D.James e Ruth Rendell, ecco chi è Dexter”.
In effetti, la scrittura di Dexter, intelligente, arguta, ricca di una brillante ironia, tiene legato il lettore nel crescendo di una trama disseminata di indizi, di intrecci intensi e lo seduce grazie a personaggi che conquistano la nostra affettuosa solidarietà come il ruvido, malinconico e solitario ispettore capo Morse o il fedele sergente Lewis, un uomo mite pronto ad accettare le irascibili strigliate del suo capo.
“Nessuno come il grande Colin Dexter sa adattare il ritmo e lo stile del classico poliziesco all’inglese alla vita odierna” si afferma nel commento a Il giorno del rimorso, forse il suo thriller più famoso.
Ma allora, e so di sostenere una scellerata nefandezza che gli aderenti a questo sito mi faranno pagar cara, perché, arrivato alla fine del libro, quando l’intreccio si avvia al suo scioglimento e gli interrogativi giungono alla loro spiegazione, ho fatto fatica a seguire il reticolo di connessioni e, dopo essermi perso nel loro intrigo (per carità, un tortuoso dedalo del tutto logico), ho lasciato perdere accontentandomi esausto di aver conosciuto il nome dell’assassino?
Sarà senz’altro, mi son detto, perché sono un lettore disattento, di scarsa qualità, poco propenso ad applicarmi ad un testo che non sia comodo; forse la mia età avanzata fatica a seguire argomentazioni complesse; oppure è che ormai perdo colpi. Ma, ora che ci penso, leggo ancora con interesse cose eterogenee e non mi sento proprio da buttar via: possibile che sia solo colpa mia?
Non è che qualche responsabilità possa portarla addirittura il grande Colin?
Colin Dexter, docente di greco, è stato anche uno specialista di enigmistica; dalla sua – ci ricorda ancora Paolo Zaccagnini – può vantare la collaborazione col quotidiano inglese The Times, che dalla fondazione si vanta di pubblicare le parole crociate più difficili del mondo: ovvio che abbia costruito i suoi libri attraverso innumerevoli trabocchetti, false piste, tranelli, indizi: leggendolo, insomma, si deve far lavorare il cervello!
E noi, sedotti dalla soave scrittura di Georges Simenon, conquistati dalla cara umanità del commissario Maigret, affascinati lettori delle incantevoli atmosfere di Louise Penny, ci troviamo un po’ a mal partito quando, costretti a dipanare un rebus complicato, andiamo con la memoria a quelle loro meravigliose letture che, per fortuna, fanno anch’esse lavorare il nostro cervello e lasciano volare libera la nostra fantasia.
Recensione di Giovanni Rossi
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