“Sdraiato sul mio letto nella Tredicesima, capii che da mio padre stavo imparando un’unica cosa: come si fa a vivere soli. Ma capii anche cosa non avevo imparato da lui: che la famiglia – se glielo permetti – ti dà gioia, e la gioia a sua volta ti dà speranza. Né io né lui avevamo mai capito di avere lo stesso cuore”
Dopo aver letto American Psycho se si vuole trovare una ragione, un motivo, una spiegazione a quel personaggio allucinato, allucinante, inquietante di Patrick Bateman, bisogna leggere Lunar Park.
AP finisce con una frase emblematica, “QUESTA NON E’ L’USCITA”, Bateman non ha trovato la chiave giusta per uscire dal suo inferno, è rimasto intrappolato, immobile, nel suo mondo fatto di nulla, di incomunicabilità, superficialità, vuoto interiore.
Già, ma chi è Patrick Bateman? Chi o cosa rappresenta?
In Lunar Park l’ho scoperto e ovviamente non ho intenzione di svelarlo! No spoiler please!
Lunar Park è un romanzo nel romanzo, sembra autobiografico ma non lo è.
Di certo il protagonista si chiama Bret Easton Ellis, ha scritto Meno di Zero, Glamorama e America Psycho; ha fatto abbondante uso, anzi abuso, di alcol e droga; ha girato il mondo per promuovere i suoi libri, fatto e strafatto, ha guadagnato milioni di dollari; è stato ospite illustre di importanti talk show e sfilate di moda; ha conosciuto cliniche per disintossicarsi; ha avuto un padre che lo ha “generato, criticato, distrutto”, ma in questo libro è etero, sposato e con un figlio.
E non solo…ce n’è più di uno: lo scrittore da giovane, ricco e famoso; lo scrittore maturo che vive in un quartiere residenziale; lo scrittore figlio ossessionato dal fantasma del padre, e uno scrittore che è una voce interiore del rinnovato Bret Easton Ellis, sul finale del libro.
Non si capisce cosa sia finzione e cosa sia realtà, di sicuro ci sono chiari riferimenti e omaggi al mondo di King: la sparizione improvvisa di bambini, eventi paranormali, sogni che diventano incubi che diventano realtà, morti che ritornano, bambolotti che improvvisamente si animano, case che si trasformano.
Di sicuro c’è la volontà di scavare nel proprio io, di rivivere i traumi del passato, di affrontare i propri fantasmi, di mettersi in pace con una figura paterna decisamente negativa, menefreghista, violenta, alcolizzata, vanitosa, paranoica.
Di sicuro c’è l’intenzione di trovare un’uscita, L’USCITA GIUSTA, e credo che Bret l’abbia trovata!
“Così, se per caso vedeste mio figlio, salutatelo da parte mia, ditegli di fare il bravo ditegli che lo penso, che so che sta vegliando su di me dal luogo in cui si trova, e di non preoccuparsi: perché mi troverà sempre qui, quando vorrà, proprio qui, le braccia pronte ad accoglierlo, tra le pagine, dietro la copertina, alla fine di Lunar Park.”
Buona lettura!
Recensione di Cristina Costa
LUNAR PARK Bret Easton Ellis
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