L’UOMO CHE METTEVA IN ORDINE IL MONDO Fredrik Backman

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L’UOMO CHE METTEVA IN ORDINE IL MONDO, di Fredrik Backman

Recensione 1

Ci sono storie che nascono senza la pretesa di narrare nulla di prodigioso:  non scomodano la filosofia, la sociologia, la politica e neppure la psicologia, poiché non hanno la presunzione di rivelare o insegnare alcunché.
Non ostentano frasi a effetto, situazioni mitiche, studiati colpi di scena.
Eppure queste storie cosi ordinarie, rispettosamente quotidiane, acquistano un sapore talmente familiare e intimo tanto da renderle indimenticabili.

Una di queste arriva dalla Svezia e ha come protagonista un anonimo uomo di mezz’età dal nome Ove che vive in una delle tante impersonali villette a schiera.

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Ove non ha niente di speciale: metodico, corretto, abitudinario, con un incrollabile senso pratico, lavoratore instancabile e marito fedele. Insomma un uomo dai concreti e sani principi. Come si dice: un uomo tutto d’un pezzo!
Ed è proprio nei gesti e nelle espressioni di questa banale esistenza che la figura di Ove diventa sbalorditiva in quanto si identifica ai volti più intimi della nostra quotidianità.

Ove è la figura di mio nonno materno,  burbero e accigliato quando non si rispettavano gli orari categorici di pranzo e cena: un uomo restio a ogni forma di cambiamento. Ove è il mio vicino di casa sempre pronto a fare guerra a chi non rispetta alla lettera le norme condominiali. Ove è la mia infanzia nella voce di mia mamma che mi leggeva la fiaba del “Gigante egoista” di Oscar Wilde.
Ove è la risata cristallina di mia sorella che riecheggia nei timpani di quest’uomo che si illumina soltanto con l’allegria disinvolta di Sonja, sua moglie.

Ove è mio marito che per amore si sopporta la lettura delle mie recensioni quando, in realtà, spazienta per andare a rifugiarsi nel suo laboratorio fai da te.
Ove è la quotidianità che si scaglia contro un ineffabile destino il quale si diverte beffardamente a scombinare la sua “borsa dei attrezzi”, sparpagliando disordinatamente le viti e bulloni in una gelida superficie.
Ove è l’uomo della porta accanto sempre pronto a riparare ogni guasto con ferrea disciplina,  accecato dall’elementare principio matematico che 2 x 2 non può fare altro che quattro

Ma come ci ha insegnato un famoso scienziato tedesco con il suo principio della  relatività, la vita non si basa su concetti assoluti e 2 x 2 non fa necessariamente sempre quattro (perdonatemi la mia del tutto personale interpretazione. Spero tanto che Einstein non si rivolti nella tomba).
Il destino – fato o caso, fate voi – detesta l’ordine, non gradisce le regole, bizzarro e giocherellone sguazza nell’ingiustizia, mettendo a dura prova la volontà e l’amore.

E a 59 anni Ove si rende conto che non può più vivere in una realtà cosi approssimativa, a maggior ragione da quando ha perso prematuramente la sua Sonya, l’unica donna che possedesse la ricchissima tavolozza di colori con la quale, solo lei, sapeva sfumare i contorni bianco e nero del suo cuore.

Ove non può più vivere in una realtà diventata frettolosa, grossolana e inesatta, soprattutto da quando viene gentilmente messo alla porta dopo 40 anni di lavoro da imberbi consulenti informatici.
Ove non può più vivere in un mondo dove trionfa la mediocrità.

Tuttavia il destino nella sua inspiegabile crudeltà  ha sempre in serbo qualcosa di speciale e si ripresenta inaspettatamente, nelle vesti di Parvaneh, Patrick, Jimmy, Anders, Adrian e un gatto spelacchiato, con  un pacco dono di tutto rispetto.
Ove, seppur nel suo comico cinismo, disferà il fiocco e con mani tremanti riprenderà a utilizzare la sua fiammante “borsa degli attrezzi”.
Riconsidererà che tutto sommato c’è ancora bisogno di lui e che il mondo non è proprio del tutto idiota, e che gli imbecilli non sono del tutto male.

Scritto con la leggerezza di una satira malinconica, la storia di Ove, un misto tra fiaba senza “e vissero felici e contenti” e cronaca quotidiana con scene ai limiti del paradosso, è una di quelle storie che vale la pena di essere letta, poichè è nel  punto di incontro delle linee incidentali che la vita acquista un valore superlativo: le linee parallele lasciamole ai binari.

N.B. : ho “costretto” tutta la mia famiglia a vedere il film: delizioso!

“Amare una persona è come traslocare in una casa nuova” diceva sempre Sonja “All’inizio ci si innamora senza riserve, ogni mattina ci si stupisce  del fatto che tutto ci appartenga, come se si temesse che, all’improvviso, qualcuno possa irrompere dalla porta annunciando che si è verificato un grave errore e che non era previsto che si abitasse in quel luogo cosi bello. Con il passare degli anni, però, le facciate si consumano, il legno si scheggia qua e là. Non si è più sopraffatti dallo stupore ogni mattina, e si comincia ad amare la casa non tanto per quel che è perfetto, tanto per quel che non lo è. S’impara a conoscere ogni angolo e centimetro: come evitare che la chiave si blocchi nella serratura quando fuori gela, quali assi del parquet affondano leggermente quando le si calpesta, e come aprire le ante del guardaroba senza farle cigolare. Tutti quei piccoli segreti che rendono la casa nostra, e di nessun altro”

Recensione di Patrizia Zara

 

Recensione 2

Non conoscevo né il libro né l’autore.
La sua scelta, frutto di un gioco di complicità a distanza con un Amico, in una notte di piena Estate: al buio, per entrambi, reale e metaforico.

 

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L’acquisto, immediato, la mattina seguente. Come la lettura.
A colpirmi subito, la dedica “A Neda. È sempre per farti ridere. Sempre.”: acqua, per me assetata.

E più che una dedica, diventa una promessa, mantenuta.

Entro nella storia di Ove, il protagonista, e nel suo mondo del Dovere, rispettandone le regole e le sue tentate soluzioni ad una vita avuta in dote senza un rassicurante manuale di istruzioni, ma con l’eredità di poche, solide, certezze, essenziali.

E invece che grigia, la trovo di tutti i colori delle emozioni, a cui non ha saputo dare voce.

Mi ritrovo dondolata senza fatica e con leggerezza tra i capitoli dall’altalena “passato-presente e futuro?”, tra occhi che sudano e tante risate improvvise, ad attraversare la Vita, le sue domande senza risposta e le tante risposte a portata di mano, per chi sa guardare, dentro.

E se manca un manuale di istruzioni, il libro fornisce una chiave possibile e necessaria: l’incontro.
Buona lettura, a chi vorrà.

P.S. C’è anche un gatto in questo libro. Protagonista, come solo un gatto potrebbe essere.

Recensione di Enrica Piermattei

 

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