L’UOMO CHE VISSE UN GIORNO Håkan Nesser

L’UOMO CHE VISSE UN GIORNO, di Håkan Nesser (Tea)

 

Georges Simenon, secondo Wikipedia il diciassettesimo autore più tradotto di sempre, è tutt’ora un modello della letteratura popolare. Era in grado di scrivere un libro in una settimana, ottanta pagine in una sola giornata e le sue opere, tra le inchieste del commissario Maigret, i romanzi e i racconti, arrivano ad alcune centinaia: com’è, allora, che quella scrittura scorrevole, semplice, leggera e quasi priva di avverbi, lo ha fatto diventare nella considerazione collettiva uno dei più grandi autori di tutti i tempi?

Leggiamo per tanti motivi: per informarci, per studiare, per conoscere, per riflettere, per fantasticare e sognare, per entrare in altri mondi, per provare piacere; ma non è detto che il fascino di un libro dipenda dal suo appartenere solo ad una particolare categoria, solo ad una letteratura ‘elevata’.

Håkan Nesser è uno scrittore di gialli, di libri ‘facili’ che ci catturano con la loro atmosfera e ci fanno provare l’ammaliante piacere della lettura. Così è per “L’uomo che visse un giorno” nel quale si confrontano diverse verità: quella che appare, quella che conviene, quella dei fatti davvero accaduti e nel quale il commissario Van Veeteren rifiuta di accontentarsi di una spiegazione comoda che non lo convince, di rassegnarsi ad abbandonare tra i casi irrisolti il colpevole di un crudele omicidio per il quale non ci sono le prove.

È un thriller pacato, riflessivo; il suo andamento meditativo sembra accompagnare il divenire dei pensieri del commissario, ci conduce attraverso la maturazione della sua decisione conclusiva, quella di un uomo di giustizia.

Recensione di Giovanni Rossi
L’UOMO CHE VISSE UN GIORNO Håkan Nesser

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