MADRIGALE SENZA SUONO, di Andrea Tarabbia (Bollati Boringhieri – 2019)
Attraverso una fittizia opera biografica, l’autore ripercorre la vita e l’arte di Carlo Gesualdo, principe di Venosa, geniale figura di artista, uno degli ultimi del Rinascimento, la cui musica risultò troppo ardita per i contemporanei e venne riscoperta solo nel secolo XX, mentre nei secoli ha continuato a pesare sul suo autore la maledizione dell’uxoricidio. Il romanzo di Tarabbia si pone l’obiettivo di far riscoprire la figura di Gesualdo al netto del tragico fatto di sangue per il quale egli è, ancora oggi, conosciuto ai più, ma purtroppo non ci riesce e il nucleo centrale della storia è sempre l’uxoricidio e poca parte ha la musica, preferendo l’autore indugiare sui processi psicologici di un uomo tormentato fino alla depressione.
Ritmo narrativo lento e qualche soluzione non troppo convincente, a partire dall’Io narrante, un nano, fidato compagno del protagonista che però non esita a sfogare su di lui i suoi moti di rabbia, invisibile al resto della corte; del resto l’elemento “gotico” non manca in questo romanzo in cui si trovano anche mostri chiusi in cantina e streghe avvelenatrici.
E qui il problema: c’è troppa carne al fuoco e l’equilibrio del romanzo ne risente: la trama si dipana con qualche forzature tra la vicenda principale, quella dei comprimari con abbondante dose di “gotico”, i rimandi alla vita di Stravinskij (che di Gesualdo fu, appunto, uno dei principali estimatori in tempi recenti).
Per essere un Campiello, mi aspettavo qualcosa di più, ma comunque è una lettura che ripaga gli sforzi per concluderla.
Recensione di Valentina Leoni
MADRIGALE SENZA SUONO Andrea Tarabbia
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