MAI DEVI DOMANDARMI, di Natalia Ginzburg
Superbamente noiosa, di un’insicurezza coerente, di una sincerità imbarazzante, alteramente fiera del nulla.
Riassumo così la Natalia che esce fuori dalla lettura di codesto libro.
Questa piccola donna dal viso imbronciato, dalle labbra serrate – labbra che sembrano negate al sorriso- dagli occhi inquieti, dai tratti spigolosi scrive di tutto sciorinando ricordi, pensieri, dubbi, aneddoti in un disordine/ordinato in cui le linee aggrovigliare del pensiero si snodano dal suo “io”, forza e debolezza, proiettandosi in orizzontale e verticale come proiettili silenziosi.
Leggere “Mai devi domandarmi” è stato come fare quattro chiacchere con un’amica, parlare del più e del meno senza farsi domande perché queste sono inevitabilmente prive di risposte.
La conversazione è pacata, quieta, tranquilla.
Tuttavia, come quando congedi un’amica con il quale hai parlato del tutto e del niente, proprio quando chiudi la porta ti accorgi di provare un senso di desolazione, una sconcertante sensazione di aver dimenticato qualcosa e ti riprometti di rinvitarla per concludere quel qualcosa rimasto in sospeso.
È un’amica scomoda Natalia, comunque, tremendamente inquietante, un’anima solenne nella sua desolante schiettezza.
Il conoscerla non dà alcun vantaggio sensibile: non ti procura riso, né pianto, né tristezza, né gioia. Apparentemente piatta come l’acqua stagnante di un piccolo lago. Eppure in quelle acque torbide ti accorgi che guizzano piccoli pesci rossi e ti chiedi come possano vivere in quel luogo privo di risorse.
Ecco Natalia è uno di quei insignificanti pesci rossi che in luogo tossico, aberrante e pericolosamente contaminato, ha trovato il suo habitat sfruttando le sue risorse essenzialmente per sopravvivere.
E ascoltando il suo boccheggiare così familiare ci sentiamo per qualche istante tanti pesci rossi fortunati che volteggiamo dentro una vasca colma di acqua continuamente riciclata.
Ma Natalia, come un piccola fiammiferaia, fa luce seppur fioca e discreta in quella vasca e crea, senza alcuna intenzione, gigantesce ombre inquietanti mettendoci di fronte a un amara quanto sconcertante evidenza: crediamo di vivere nelle acque fresche di un grande fiume mentre in realtà volteggiano in un surrogato.
E così ci atteggiamo a bambini viziati e capricciosi ma ingiustificati dall’età poiché le colpe non possono più essere perdonate, e vediamo crollare le nostre labili certezze, i bei castelli di sabbia, e cresce la voglia di fuga, ci accentua il nostro latente mal di vivere.
“Siamo pieni di bovarismo dalla testa ai piedi, ansiosi, nostalgici, insofferenti”
Ma anche queste sono sensazioni poco durevoli poiché Natalia ci mette di fronte a una grande certezza quella di non essere mai soli nella gioia e nel dolore, nella realtà come nella finzione.
E in un panorama così arido ci apre, senza imposizioni, la porta del suo focolare che appare lontano ma pronto a essere acceso dove poter lasciare con il suo aiuto la nostra impronta, creare la nostra “casa”, una tana, con carattere e senza età.
Ma “Mai devi domandami” proprio come in Lohengrin altrimenti l’incantesimo – ci piace credere negli incantesimi, ci trastulliamo nelle fiabesche menzogne, in una squallida fantasia privata dell’innocenza, quanto piace ai vermi striscianti! – svanisce e la nuda realtà può far molto male. Ma ancora più male è nutrirsi di surrogati, spazzatura di massa. Accorgersi di quanti sottoprodotti sono stati confezionati spacciandoli per sentimenti puri. Che ipocrita dolore afflige questa umanità sempre più priva di purezza. E alla fine non puoi che dire grazie Natalia per la tua sincera ospitalità e per avermi dato un’ indiscutibile certezza: la poesia non ha alcuna valenza scientifica, nessuna utilità ma è cura per l’anima, ovviamente per chi ancora non l’ha svenduta al diavolo.
“Questa è la lettera al mondo
che non scrisse mai a me” Emily Dickinson
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