MANUALE D’ESILIO IN TRENTACINQUE LEZIONI, Di Velibor Čolić
Velibor Čolić è nato nel 1964 in una piccola città della Bosnia Erzegovina. Dopo gli studi in letteratura jugoslava a Zagabria, ha lavorato in una radio regionale occupandosi di musica. Arruolato nell’esercito bosniaco, nel 1992 ha disertato, catturato di nuovo, non si dà per vinto e tenta appena può la fuga nuovamente.
Arriva così in Francia. Dopo un periodo a Strasburgo, dove ha vissuto con una borsa del Parlamento europeo, si è trasferito in Gran Bretagna, dove vive e organizza laboratori di scrittura creativa. È autore di romanzi e raccolte di racconti. Le sue prime opere sono state scritte nella sua madrelingua. Successivamente ha iniziato a scrivere in francese.
Manuale d’esilio in trentacinque lezioni racconta la sua storia di rifugiato di guerra.
“Da poco restaurata, la casa dei richiedenti asilo di Rennes mi fa pensare al liceo. Una grande porta vetrata, corridoi che non finiscono mai, tranne che qui invece delle aule per le lezioni ci sono le camere per i rifugiati. Nella hall centrale c’è una mappa del mondo con delle bandierine dei paesi residenti. La miseria del mondo si è riunita a Rennes in questa fine estate 1992.
Sono accolto da una signora con occhiali enormi. Parla sottovoce e mi guarda negli occhi. Capisco che mi daranno una stanza singola, per uomo solo,, che bagni e cucina sono in comune e che ho diritto a un corso di francese per adulti analfabeti tre giorni alla settimana.
Mi sento ferito:– Sono laureato, sono uno scrittore, un romanziere…
– Nessuna importanza mio caro, rispose la signora. Qui, cominci una nuova vita…”
Ecco che il narratore, si ritrova in un paese straniero, senza soldi, senza amici, senza sapere il francese. In una lingua poetica, piena di fantasia e di humor, Velibor Čolić affronta un argomento di grande attualità e ci descrive la condizione dei rifugiati in tutta la sua asprezza, con ironia feroce e tenera.
Per sopravvivere lo scrittore racconta le tappe della sua integrazione, l’apprendimento della lingua e soprattutto la necessità di dover abbandonare il proprio passato. Le uniche parole francesi che possiede sono Jean, Paul e Sartre. A Rennes si muove da alieno, da fantasma addobbato.
La scrittura gli ha salvato la vita.
“Riempire pagine d’inchiostro con la mia penna mi ha riconnesso all’umanità. Ogni frase scritta alleggeriva questo mio millefoglie di frustrazioni.” Uno zingaro gli insegna le regole, legali, al margine del limite e del buon senso, per resistere, tenere duro, diventare trasparente. Per sentirsi esistere in mezzo agli altri. Ogni rifugiato, dice, vuole sentirsi assimilato nella massa, “fare come tutti, mangiare come tutti, avere scarpe e documenti”. Tormentato dal bisogno di riscatto, dice: “Sogno una vita semplice riempita di piccole gioie, di routine quotidiana”.
Adottare la lingua del paese che lo accoglie diventa la sua salvezza e il passaggio dalla lingua slava aspra e dura a quella francese, musicale e poetica sarà la sfida che saprà portare avanti con successo. Dal 2006, i suoi libri non hanno più bisogno di essere tradotti in francese. L’autore ora scrive in francese. Ed è anche tradotto in altre lingue, come l’italiano e l’inglese.
Cosa pensa della situazione attuale dei migranti?
“È la prova suprema per la nostra civilizzazione, risponde Velibor Čolić. O cresciamo insieme, o cadiamo insieme. Considerare un rifugiato come un uomo, significa ritrovare dentro di sé la nobiltà dell’umanità”.
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