MARS ROOM, di Rachel Kushner
Il Mars Room è uno squallido locale di San Francisco dove Romy fa la lap dance. È bella, ha quasi trent’anni e un bambino; Kurt Kennedy è un cliente del club che la perseguita. Romy lo uccide e si becca due ergastoli e un po’.
La storia, raccontata in prima persona dalla ragazza, inizia con il suo trasferimento nel carcere femminile di Stanville, dove viene trasportata insieme ad altre detenute.
Nel racconto le vite delle donne si intrecciano, tristi, sfortunate, disgraziate. Con enorme bravura, con frasi brevi e veloci, con un ritmo spezzettato che spesso toglie il fiato, la Kushner ci mostra la durezza del carcere, la violenza e l’insensatezza di un sistema punitivo, fortemente arretrato, che non riesce a staccarsi dall’idea dell’occhio per occhio, dente per dente.
Sono tutti colpevoli, quando si esce dai binari: tu per primo, la tua famiglia, i falsi amici, gli avvocati d’ufficio, i secondini, ma anche chi, pieno di buone intenzioni, si avvicina al tuo disagio, ti illude e poi si ritira, scoprendosi inadeguato.
È un libro difficile, tanto più duro perché fa apparire inevitabile certi epiloghi, un percorso segnato che non consente deviazioni o vie di fuga. Niente speranza, nessun recupero, se scivoli non ti rialzi. Da leggere!
Recensione di Elena Gerla
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