MATTEO RICCI Un gesuita alla corte dei Ming Michela Fontana

MATTEO RICCI Un gesuita alla corte dei Ming, di Michela Fontana (Mondadori)

Il libro di Michela Fontana, pur corposo e dettagliato, ha una scrittura leggera e scorrevole, con una successione di avvenimenti molto lontana dalla manualistica, senza venire meno al necessario rigore storiografico, rendendo la lettura avvincente, come una grande avventura: io l’ho letto con la voracità di un testo per il quale si assapora con piacere il momento in cui si riprende la lettura

Una vita straordinaria, quella del Gesuita Matteo Ricci; un uomo dotato di grande ingegno e grande cultura, coerente con la sua formazione Gesuitica; ma anche, e soprattutto, mosso da una motivazione spirituale che lo spingeva sempre al massimo del possibile ma con intelligenza e prudenza

Straordinario era il periodo storico per il mondo e per la Cina, a cavallo tra i secoli XVI e XVII . La scoperta del Nuovo Mondo, ancora abbastanza recente, diede ulteriore spinta all’Occidente per proiettarsi in tutto il mondo: in Asia soprattutto con intenti commerciali; gli obiettivi coloniali sarebbero venuti a metà 800

La Cina aveva una grande e millenaria cultura, che si fondava soprattutto sul Confucianesimo. Ricci considerò il Confucianesimo molto vicino allo Stoicismo e quindi anche molto affine ai contenuti morali del Cristianesimo

Da qui Ricci prese le mosse per essere accettato in Cina

Non era facile: I Cinesi colti, e tutto l’apparato statale, formalmente e anche non formalmente si sovrapponevano. La cultura, quella considerata importante, era il confucianesimo; e tutto il resto del mondo fuori dalla Cina in cui il confucianesimo non era dominante era considerato un mondo barbaro che si doveva respingere per non lasciarsi contaminare

Per essere accettato dall’Apparato Statale e dagli “Shidafu”, i letterati, Ricci si fece cinese: vestiva cinese, imparò a scrivere ed a parlare fluentemente il cinese; studiò ed approfondì il confucianesimo, facendolo proprio.

Lo fece proprio al punto da scrivere in cinese un Catechismo cattolico, basato sui precetti morali del confucianesimo.

La Cina aveva una tradizione tecnica in certi campi superiore a quella occidentale; come ad esempio l’idraulica, per sfruttare i numerosi corsi d’acqua che attraversano l’immenso territorio. Così pure la stampa tramite la xerigrafia, scoperta molti secoli prima di quando fù scoperta in occidente

Ma il secolo del dominio Mongolo, costituì una cesura rispetto alla cultura tecnica del passato. I cinesi non riuscivano più ad usare gli antichi strumenti per osservare il cielo ancora presenti nell’osservatorio imperiale; non avevano una precisa configurazione delle posizioni degli astri e del loro movimento: era frequente che il calendario aggiornato annualmente contenesse degli errori.

Ricci si infilò abilmente in queste debolezze dimostrando che l’astronomia occidentale fosse più precisa: fu questa la chiave di volta che permise a Ricci di essere accettato a corte.

L’Astronomia conosciuta da Ricci era ancora quella Tolemaica, ma occorre sottolineare che nonostante l’errore fondamentale della posizione centrale della terra, i complicati cicli ed epicicli tolemaici, per l’astronomia osservativa, funzionavano abbastanza efficacemente : i calcoli tolemaici rendevano possibile definire i movimenti degli astri e predire le eclissi

Ricci stimava la cultura e l’intelligenza cinese : <<i cinesi sono di bell’ingegno naturale et acuto>>

E che siano di “bell’ingegno” ce ne accorgiamo, anche drammaticamente, anche oggi

: da quando Deng Xiaoping ha aperto al capitalismo con il famoso aforisma “non importa che il gatto sia bianco o nero, basta che acchiappi i topi” , l’economia cinese in pochi decenni è diventata la seconda al mondo dopo quella degli USA

I Letterati cinesi, gli “Shidafu”, rimasero affascinati quando Ricci cominciò ad insegnare la matematica Euclidea. La matematica cinese, era prevalentemete “pratica”: non conoscevano la necessità di dimostrare un enunciato partendo da un assioma. Anche il semplice calcolo era condotto con un pallottoliere. Ricci insegnò a far di calcolo sulla carta: “fare di calcolo con il pennello”

La matematica di Euclide avvicinò i colti letterati, fino a spingere Ricci a dar corso al progetto di tradurre Euclide in Cinese. Tradurre Euclide dal Latino al Cinese, rispettando la tradizione dei letterati cinesi, particolarmente orientati alla retorica piuttosto che al linguaggio schematico della matematica, fu un’impresa eccezionale che richiese anni.

Ricci, a ragione, era dell’opinione che attraverso la cultura, la matematica e l’astronomia, ed integrando il cattolicesimo con il confucianesimo, si poteva avere successo nelle conversioni

I convertiti al cattolicesimo non furono molti, ma questa è un’altra storia. E’ storia consolidata invece che il popolo Cinese ha conservato di Ricci una memoria indelebile ed ossequiosa. Ricci ebbe l’onore di un Monumento Funebre nei recinti imperiali. Durante la Rivoluzione culturale cinese il monumento fu distrutto, ma poi riscostruito e tutt’ora accuratamente gestito nel giardino di Shal a Pechino

Recensione di Luciano Ribolsi

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