MIA INQUIETA VANESSA Kate Elisabeth Russell

MIA INQUIETA VANESSA Kate Elisabeth Russell

MIA INQUIETA VANESSA, di Kate Elisabeth Russell

Vanessa Wye, studentessa adolescente di una prestigiosa scuola del Maine, vede la sua vita sconvolta dall’incontro con il suo insegnante di letteratura di quarantadue anni. Tra i due nasce una relazione che la ragazza non esita a definire “d’amore”, ma che fin da subito le manda segnali contraddittori captati in modo forte dall’istinto e rielaborati da una mente invaghita. La storia si interrompe in modo brusco per evitare lo scandalo – anche se nell`ambiente è diventata di dominio pubblico – ma la lontananza non segna l’uscita di scena di uno dalla vita dell’altra.

Mia inquieta Vanessa
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Anni dopo, lo stesso insegnante viene accusato di abusi sessuali da un’altra ex allieva e a Vanessa viene chiesto di contribuire alla causa denunciando la sua esperienza. La possibilità che si presenta le apre uno squarcio dolorosissimo nella coscienza: nel suo caso, può parlarsi di amore? O anche lei è stata una vittima come le altre? Vanessa, ormai adulta, si trova a ripercorrere e analizzare la sua storia, a porsi mille domande e a ricomporre un puzzle dagli incastri che non combaciano più.

“Mia inquieta Vanessa” affronta una tematica straziante. Tocca tasti sensibilissimi dell’animo, per questo mi risulta difficile parlarne e la cautela nel farlo è d`obbligo. Il libro prende le mosse da “Lolita” di Nabokov, capolavoro della letteratura mondiale, che viene più volte citato diventando una sorta di filo conduttore. Kate Elizabeth Russell cambia però prospettiva e dà voce alla parte femminile. L’opera non è paragonabile a “Lolita” che, sia nello stile, sia nella capacità di ammaliare (in modo perverso) il lettore, raggiunge vette inarrivabili, posso dire però che mi ha colpito in modo inatteso. A dispetto di una copertina e di un titolo che lasciano presagire una lettura “leggera”, si è rivelato potente.

La protagonista gioca una partita con se stessa e non si risparmia niente: nel dilemma tra l’essere la vittima o il carnefice, buona o cattiva, forte o fragile, confessa con sincerità disarmante le proprie debolezze e rivendica in modo caparbio la volontà di decidere la propria vita. Il libro è ben scritto, diretto, coraggioso. Capace di scuotere la coscienza capovolgendo i punti di vista, fa riflettere anche al di là del tema principale trattato. Affronta il pericolo della manipolazione e della dipendenza affettiva, di quanto un legame possa minare l’autostima e avere effetti devastanti su un’esistenza. Afferma la necessità di essere onesti con se stessi e di non nascondere il proprio lato oscuro sotto il tappeto del perbenismo, se si nutre la speranza di “risolversi”.

Suggerisce di fare ricorso senza vergogna a un aiuto esterno per sconfiggere le paure che ci attanagliano, pena il rischio di rimanere schiacciati sotto il peso di false verità e ingiusti sensi di colpa. Sfuma la linea di confine tra bene e male, consapevolezza e plagio, consenso e incapacità di affermarsi, verità e mistificazione, realtà e autoconvincimento. E ancora, è un inno a coltivare l’amor proprio inteso come “consapevolezza di sé” – di quello che si è e si vale – senza dovere a ogni costo compiacere gli altri. Consapevolezza di sé che a quindici anni è pressoché impossibile avere.

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