MILDRED PIERCE James M. Cain

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MILDRED PIERCE, di James M. Cain

Anni Trenta. Mildred Pierce, dall’estrazione sociale popolare ma piacente e dalle bellissime gambe, si separa dal marito e comincia una lotta per sopravvivere in un’America attanagliata dalla crisi. L’impiego di cameriera le consente di mantenere sé e le due figlie, ma è solo l’inizio. Con determinazione riesce ad aprire un proprio locale e di lì a poco un’intera catena di ristoranti…

Purtroppo Mildred ha due difetti: una passione per gli uomini inconcludenti e spendaccioni e un attaccamento morboso per la figlia più bella e più crudele, un piccolo demone opportunista su cui Mildred proietta le sue fantasie di riscatto.

Ed è proprio questo amore morboso e unilaterale verso la figlia, Veda, il tema principale del romanzo sia nell’ascesa che nella rovina di Mildred.

Scrittura agile, scorrevole, precisa, senza una parola in più o una in meno. Scrittura visiva che proietta, attraverso le pagine, scene da grande schermo, con in più una grande capacità affabulatoria dell’autore. Scrittura sensuale ma decisa, con brillanti pennellate di disinibita carica erotica.

Stile narrativo a tratti melo a tratti noir.

Per i temi trattati il romanzo rientra nella categoria del hard boiled: crudeltà dei sentimenti, cinismo votato all’ascesa e al riscatto, utilizzo della sfera affettiva per scopi materiali e fini personali.
A tal proposito vi ricordo che Il romanzo di Mildred è un film del 1945 diretto da Michael Curtiz con Joan Crawford (premio Oscar), per la verità poco fedele, e la serie televisiva con Kate Winslet del 2011 osservante alle “regole” e ai dialoghi del libro.Alcune pagine le ho trovate magistrali, soprattutto nelle descrizioni dettagliate dell’inaugurazione dei ristoranti di Mildred e nei dialoghi efferati e sottili, come lame di rasoio, tra madre/figlia, l’una l’immagine capovolta dell’altra.

“Devi fare quello che voglio io. La mano che regge i cordoni della borsa agita anche la frusta…”

Recensione di Patrizia Zara

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