MINOTAURO. Una ballata, di Friedrich Dürrenmatt (Adelphi)
«Il mito è bisogno di spiegare la realtà, di superare e risolvere una contraddizione della natura (come nasca il primo uomo, per esempio), il mito è spiegazione di un rito, di un atto formale che corrisponde a esigenze della tribù (l’invocazione della pioggia), il mito è struttura delle credenze di un gruppo, di un etnos (la condanna dell’incesto) ecc. ecc. Ma, come dice la parola, il mito è innanzitutto un racconto: c’è una storia da presentare, che ha lati terribili, ma anche spesso risvolti patetici o sorridenti, ci sono dei personaggi in azione, una trama che si snoda» , leggiamo nell’introduzione di Umberto Albini a “I miti Greci” di Robert Graves (Longanesi).
Nella riscrittura del mito del Minotauro, l’intuizione geniale di Dürrenmatt è qualcosa di davvero prodigioso.
Novello Dedalo, il drammaturgo svizzero ricopre di specchi le pareti del labirinto, la casa costruita «per proteggere gli uomini da quell’essere e l’essere dagli uomini».
Così la creatura, che guarda senza conoscere, vede riflessa la propria immagine, o le tante immagini di immagini replicate all’infinito.
La breve ballata di Dürrenmatt riesce miracolosamente a esplorare a fondo il mito e a indagare sulla doppia natura di questa creatura, colpevole e incolpevole insieme, un’unica creatura che «lacera i confini fra umano, animale e divino», come scrive Matteo Nucci, che ne “Il grido di Pan” dedica al capolavoro di Dürrenmatt pagine di rara e luminosa bellezza.
L’incontro con le immagini riflesse negli specchi, la comparsa sulla scena dei molti Minotauri, prima, dei giovani destinati al sacrificio, poi, diventa un intreccio di corpi, un rito dionisiaco in cui desiderio, animalità, paura e morte si mescolano in una danza mostruosa e orrorifica («non poteva sapere nemmeno che l’uccideva, perché non sapeva cos’era vita e cosa morte. In lui non c’era altro che incontenibile felicità fusa con incontenibile piacere»).
Fino all’inganno ultimo, che apre al drammatico finale.
Friedrich Dürrenmatt
“Minotauro. Una ballata”
Adelphi
Recensione di Valerio Scarcia
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