Ci voleva la spiccata sensibilità della letteratura giapponese perché questo romanzo sfuggisse agli accenti malinconici con cui avrebbe dovuto inevitabilmente essere accompagnato il suo soggetto. Perché Shizuku, il suo personaggio principale, è in punto di morte, all’età di 33 anni. Esausta, dopo una battaglia contro il cancro durata cinque anni, ha scelto la “Casa del Leone”, una struttura di cure palliative situata su un’isola in riva al mare, dove, come dice la sua direttrice, assaporammo la gioia suprema della vita fino all’ultima goccia. Nell’edificio circondato da limoni e viti, l’agonia di Shizuku si trasforma gradualmente nel dolce della vita. L’amarezza diventa dolcezza.
Il titolo del romanzo dice tutto. Perché, come spiega la direttrice della struttura, il leone non vive nella paura di essere attaccato da un predatore. Può mangiare o riposare in pace. Alla Casa del Leone tutto è pensato per una vita semplice, senza costrizioni, e il lettore segue la rapida progressione della malattia di Shizuku contemporaneamente alla sua ascensione spirituale, il cuore che si alleggerisce mentre il corpo cede. Nonostante la tristezza del tema, quindi, la scrittura è rilassante, stimolante e luminosa. Un romanzo sensibile che incoraggia il lettore a mettere in discussione la propria visione della vita e della morte. Ito Ogawa si conferma come una delle scrittrici più dotate e sensibili della letteratura giapponese contemporanea.
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