NEMESI, di Philip Roth (Einaudi)
Newark, estate 1944. In alcuni quartieri comincia a diffondersi la polio. Becky, il Mr Canton, è un giovane insegnante di ginnastica di origini ebraiche, orfano di madre e amorevolmente allevato dai nonni. Avrebbe voluto arruolarsi e combattere durante la guerra mondiale ma è stato scartato per colpa un grave difetto alla vista. Nell’estate ‘44 svolge l’attività di animatore presso un centro estivo: è amato dai ragazzi non solo per le sue capacità atletiche ma anche per il suo coraggio, la determinazione, il senso etico, il suo saper tenere sotto controllo le situazioni critiche. Purtroppo la polio inizia a proliferare tra i ragazzi del centro estivo e Becky si troverà a un bivio, indeciso, da una parte, tra l’amore per Marcia e il desiderio di salvarsi, e, dall’altra, il senso del dovere verso i ragazzi, le loro famiglie, la responsabilità.
Che bello questo ultimo romanzo di Philip Roth e com’è sinistramente profetico! Per tanti versi ricorda gli anni atipici che abbiamo vissuto e stiamo vivendo: la paura del contagio, le quarantene, la chiusura della attività.
Ho adorato Becky: è un uomo tanto meritevole di stima e ammirazione quanto condannato all’infelicità non tanto dagli eventi, sfortunati, che si susseguono nella sua esistenza, ma soprattutto dal suo essere granitico. Eroico nel punirsi di colpe che non ha, monolitico nel negarsi la felicità che merita, generoso nelle scelte che compie e che gli si ritorcono contro.
In sole 182 pagine Roth è riuscito a infilare la paura della malattia, il senso di colpa declinato a livelli supremi, la capacità di decidere per gli altri procurandosi sofferenza ma nella convinzione di fare loro del bene, l’allontanamento da un Dio visto come causa delle morti di bambini.
Lo stile narrativo è quello classico di Roth, con un narratore (stavolta però non è Nathan Zuckerman, ma un ragazzo del centro estivo) che espone i fatti in un misto di adorazione verso il protagonista e tanta voglia di raccontare.
Che meravigliosa uscita di scena, Roth!
Bellissimo.
Recensione di Nadia Carella
NEMESI Philip Roth
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