NIX, di Nathan Hill
Di solito scrivo le mie impressioni di un libro subito dopo averlo finito, talvolta quando mi mancano ancora alcune pagine, perché ciò che mi interessa è restituire l’emozione che mi ha lasciato.
Non questa volta.
Ho chiuso Il Nix di Nathan Hill da una settimana e ancora vago pensandoci e ripensandoci, mano a mano che prendo distanza più ci entro dentro e più ho voglia di ricominciarlo da capo.
Non dico che sia il migliore (esiste?!!) ma è sicuramente il libro più importante che io abbia letto negli ultimi dieci anni almeno e non mi spiego la scarsa risonanza che questo libro ha avuto dalla data di pubblicazione, 2017, in Italia ma questa è un’altra storia e non apro il dibattito su marketing e editoria.
Si citano nomi come David Foster Wallace e Thomas Pynchon per Il Nix di Nathan Hill, io direi che sia un autore venuto su con quelle letture, alle quali mi azzarderei ad aggiungere Proust, Houellebecq e tanti altri perché questo ragazzo, che oggi ha 44 anni ha scritto un libro che è tanta roba e ci ha messo 10 anni per scriverlo, dentro ci sono argomenti per almeno 4 o 5 romanzi e uno meno bravo di lui ne avrebbe fatto un insopportabile macedonia ma lui ha un talento notevole nel portarti avanti e indietro nel tempo e nell’introdurre personaggi, i più diversi tra loro, senza farti minimamente perdere il filo e dando al contempo una analisi dettagliata dell’epoca, (1968/2011) e dando uno spaccato dettagliato e preciso della società, del momento storico e della politica.
Il Nix, allude a una leggenda norvegese: un fantasma spietato, dietro le sembianze di un cavallo bianco, attira i bambini e poi li lascia precipitare da una scogliera.
Sono 760 pagine che scorrono come acqua e diventano molte di più perché è di quei libri che non finiscono quando li chiudi, hai riso, hai pianto, ti sei fatta male. Sì, perché quando “prendi la distanza” (non a caso l’autore cita più volte la leggenda dei 6 saggi ciechi che devono descrivere al principe L’elefante dopo averne toccato ognuno una parte) quando prendi la distanza, rifletti che non siamo una cosa sola ma siamo tante parti di cui ri-conosciamo solo alcune, quelle che più ci piacciono o ci fan piacere agli altri, ma è solo entrando in contatto con tutte che possiamo avere contezza di chi siamo veramente, anche se dobbiamo riconoscere che siamo meschini, vigliacchi, avari, razzisti, stupratori, maschilisti, egoisti, opportunisti (la lista continua).
Nathan Hill ti pone davanti questo specchio dal quale non riesci a distoglierti (almeno io) e lo stesso specchio riflette la società perché noi non siamo altro che una piccola porzione di essa e solo prendendo consapevolezza di chi siamo e tentando di migliorare noi stessi c’è qualche speranza di avere rapporti personali decenti e una società migliore.
Il nostro antirazzismo, per esempio, nasconde un razzismo di fondo che non riconosciamo e in quanto inconsapevole è di gran lunga più pernicioso, l’ossessione di voler essere politicamente corretti crea un distanziamento che porta gradatamente ma inesorabilmente all’isolamento, l’attenzione maniacale per il cibo e la cura della persona ci imprigiona in una gabbia che noi stessi ci costruiamo e ci allontana sempre più da quello che è l’unico scopo della vita: godercela.
Non consiglio mai i libri, questo meno che meno, posso suggerirlo solo a poche persone, che conosco o di cui ho percezione, perché per leggere queste pagine ci vuole pelo sullo stomaco e una buona dose di coraggio, coraggio di mettersi in discussione, di sovvertire e perché no, di ricominciare.
Il Nix, di Nathan Hill
Recensione di Carmen Elisabeth Bonino
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