NOI SIAMO LA LUCE Gerda Blees

NOI SIAMO LA LUCE, di Gerda Blees (Iperborea – maggio 2022)

Con “Noi siamo la luce” la poetessa e scrittrice olandese Gerda Blees racconta un episodio di cronaca verificatosi a Utrecht. Avendo da tempo aderito a una sorta di credo respiriano, un gruppo di quattro persone cercava un contatto con la propria essenza più profonda; tuttavia una di loro era morta di denutrizione. Attingendo a questo doloroso fatto di cronaca risalente al 2017 la poetessa, al suo esordio narrativo, prova a scandagliare il mistero di una morte tanto assurda quanto legata a una forma di manipolazione ideologica.

Nonostante il tema sia respingente e ostico non si può non rimanere sedotti dalla scrittura della scrittrice, ipnotica e rarefatta, come se l’inesplicabilità dei fatti non potesse essere affrontata in modo tradizionale secondo un asse narrativo lineare ma necessitasse di un andamento ondivago ed ellittico in cui ci si approssima e ci si allontana dal focus. Ricorda questo singolare romanzo l’Antologia di Spoon River e, al contempo, romanzi come Lincoln nel Bardo. Perché a parlare sono più di venti punti di vista differenti, anche oggetti, che offrono di volta in volta prospettive diverse m, frammenti di verità che restituiscono ai protagonisti una umanità che un report giornalistico avrebbe reso difficile.

Questo romanzo incede come una melodia seguita su una partitura dando l’impressione di un focus costantemente disatteso o differito. L’apparente mancanza di un punto di vista e la polifonia che ne sottende crea la sensazione di una verità che si compone e si scompone creando l’illusione di una regressione del narratore. Si raggiungono vette di lirismo in questo testo perché la scrittrice non teme di dare la parola (sempre corale) a oggetti talvolta misconosciuti altre volte centrali per l’autorealizzazione delle persone. Per esempio, a parlare alle volte può essere il violoncello di una delle protagoniste oppure “la scena del crimine”.

Come si può arrivare a lasciarsi morire in questo modo? L’assurdità della situazione e l’orrore del suo epilogo spingono il narratore a dare voce a chiunque possa spiegare in una singolare inchiesta, serrata e priva di una sbavatura. E mentre la storia si dipana noi lettori veniamo sfidati a provare a comprendere, talvolta contrariati altre volte disgustati altre volte ancora divenuti compassionevoli di fronte a una simile sofferenza. La rinuncia al cibo ritenuto un distrattore capace di interferire con il processo di conoscenza interiore lascia quasi senza fiato. Per il modo in cui un tema così difficile è stato affrontato, perché alla fine la sensazione che se ne ricava è come un prisma, verità e menzogna mescolati inestricabilmente. Intrusione e rispetto coesistono perché allo scrittore tutto è consentito se a muoverlo è il desiderio .

Recensione di Marianna Guida

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