NON DICO ADDIO Han Kang

Incuriosita dal titolo, evocatore dei tempi – ahimè – lontani del liceo, avevo letto “L’ora di Greco” ed ero stata catturata dall’argomento, dalle immagini, dallo stile…insomma, da tutto. Ma, nonostante il piacere di questa lettura, ho temporeggiato parecchio prima di leggere altre opere della scrittrice coreana sia perché temevo (mi è capitato più volte) di non ritrovarvi le stesse emozioni sia perché la scrittura di Han Kang è talmente lontana dal modo ‘occidentale’ di intendere la narrativa che la lettura si conclude con la sensazione che qualcosa sia sfuggito.

Ad esempio, i capitoli iniziali di “Non dico addio” sono in gran parte occupati dalla descrizione di una bufera di neve in cui si trova coinvolta la protagonista, Gyeong-ha. Per esaudire il desiderio dell’amica In-seon, bloccata in ospedale a causa di un incidente, la donna si reca sull’isola di Jeju in casa dell’infortunata. Reduce ma non ancora uscita da una grave depressione in cui è continuamente tormentata dal sogno di una foresta spoglia in riva al mare, la donna si avventura sull’isola durante un tremendo temporale. L’autrice non descrive soltanto la lotta che la giovane ingaggia con la tempesta, ma anche le riflessioni e ricordi suscitati dai fiocchi neve, dalla loro forma, dai loro movimenti, dai loro riflessi attraverso straordinari e intensi flash-back.

Con una scrittura lirica e al contempo lucidamente precisa Han Kang accompagna la ragazza in un percorso in cui si passa dalla dimensione onirica a quella concreta senza che sia possibile individuare il confine. Così Gyeong-ha ricostruisce l’atroce massacro che tra il 1948 e il 1949 causò la morte di trentamila civili che aveva coinvolto non solo la madre di In-seon e la sua famiglia ma l’intera popolazione dell’isola.

A nessuna di queste vittime innocenti si può dire addio se vogliamo riappropriarci della dimensione umana.