NON È FACILE ESSERE CRISTIANI: MEGLIO FINGERE – …CHE DIO PERDONA A TUTTI Pif

che Dio perdona a tutti Pif

NON È FACILE ESSERE CRISTIANI: MEGLIO FINGERE

…CHE DIO PERDONA A TUTTI, di Pif


Seguire il Vangelo è rivoluzionario. “È nel quotidiano che la fede ti frega, perché c’è il Vangelo e il Vangelo ti spinge sempre ad andare oltre e non rimanere fermi alla regola”. Questo è la strada maestra che s’imbocca leggendo il primo romanzo di Pif, Pierfrancesco Diliberto (Palermo, 4 giugno 1972), che tutti conoscete come conduttore e autore televisivo, sceneggiatore, regista, scrittore, attore e conduttore radiofonico.

 

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Beh, ormai anche come scrittore, visto che il romanzo è uscito due anni fa e che ha avuto comunque tanti lettori. A me lo ha consigliato un amico, dicendomi che era un libro da ridere, ma così tanto che lui si centellinava le ultime pagine per far durare la risata. Il mio approccio è stato segnato da un inizio titubante. Un libro dedicato a Dino Zoff, con in esergo una citazione di Alfano e una di Salvini non rientrava proprio nelle mie preferenze letterarie.

 

 

Ma questi erano solo ‘pretesti letterari’ (si fa per dire, ne riparliamo dopo) per affrontare un problema ben più serio: quanto siamo cristiani? Domanda delle domande. In realtà Pif dice di essere agnostico. È una posizione di comodo? No. più vicina alla realtà. Perché un po’ di autobiografia nel libro di Pif c’è, e come il protagonista Arturo, Pif adora la ricotta, che se esiste forse è perché Dio esiste. Ma il problema non è Dio. Sono gli uomini. In particolare gli italiani. Popolo di religione cattolica. E i Siciliani, dove la Mafia è da sempre intrisa nel tessuto sociale. «Nascere a Palermo vuol dire convivere con una serie di problemi, apparentemente irrisolvibili. Così irrisolvibili che spesso sei costretto a emigrare. […]

 

 

Per fortuna a chi rimane resta una consolazione: la ricotta! […] A Palermo la infilano ovunque e io ne sono schiavo.» (p.25) Schiavo, proprio come nel disegno della copertina, un macigno che pesa sul groppone, «non è molto rock and roll» (p.26) ammette il protagonista, e noi lettori intanto ci facciamo davvero un sacco di risate. È una trama davvero semplice. Arturo è un agente immobiliare che gioca a calcetto con gli amici e che s’innamora di Flora, figlia di una famiglia di pasticceri che a Palermo conta.

I due iniziano una relazione ma lei lo accusa di non essere abbastanza cattolico. Arturo si consulta con il padre che gli consiglia di mettere in pratica la ‘tanatosi’ (p. 93), vale a dire di praticare la filosofia di vita vincente, ossia di fingere come l’opossum della Virginia o il camaleonte africano (p. 95) «per la sopravvivenza della specie» (p.95). In poche parole adattarsi alle richieste che provengono, dalla fidanzata, dalla società, dall’esterno.

 

 

Arturo, perplesso decide di fare un esperimento: «lei mi vuole cattolico praticante. Bene allora praticherò la strategia dell’opossum 2.0! Oggi è il primo del mese… da oggi fino alla terza settimana del mese io sarò un uomo profondamente cattolico.» Le risate (of course) continuano, quando Arturo prosegue nel suo ragionamento: «sarò più cattolico dei cattolici medi, […] Seguirò gli insegnamenti dei cinque evangelisti! […] solo dopo mi ricordai che gli evangelisti erano quattro» (p. 98).

Inizia così l’avventura del cristiano in prova che si muove in un’arena di finti cristiani. Non è molto condivisa la sua scelta. Flora lo spinge a darsi una calmata. Lo fa parlare con esponenti della Chiesa, Arturo incontra il don – che fuma, che mostra foto di politici potenti dietro la scrivania, anche di mafiosi (p. 120), ma non demorde. Continua a fare il cattolico, a soccorrere i terremotati, invece di arrivare puntuale alla cena dei parenti e mandando all’aria un week end di vacanza con Flora. È così che il “mentitore di conversione” (p.118) scopre con gioia che fare del bene a degli sconosciuti è motivo di giovamento per chi lo fa. Purtroppo se rompe i piani non va bene per gli altri.

 

 

Anche il piccolo Omar, un migrante in attesa di collocazione, scompiglia la vita a Flora. Insomma per farla breve, Arturo cristiano finisce per perdere il lavoro, gli amici, e la fidanzata. Alla fine della sua prova come cristiano si ritrova solo. Perché alla fine vince la filosofia dominante, quella del titolo, che intera secondo il detto siciliano è: “futti futti che Dio perdona a tutti”. Nel titolo mancano le prime due parole perché l’autore non voleva mettere in imbarazzo le suore paoline… che avrebbero poi venduto il libro. Così spiega in un’intervista a BookCity Milano nel 2018. Nel romanzo, a sottolineare con Arturo che questo è il pensiero medio degli italiani, è il vecchio signore che organizza festini in casa sua, comparendo mezzo nudo nel terrazzo di fronte all’appartamento che l’agenzia immobiliare non riesce a vendere. «Era partito dal mio stesso ragionamento e aveva avuto il coraggio di metterlo in pratica nella vita, ma sviluppandolo in maniera decisamente diversa. La critica però era la stessa.» (p.158) La riflessione qui esula dalla risata, senza entrare troppo nel merito della questione, la verità viene a galla.

 

 

Con leggerezza. Senza invadere troppo quei luoghi che appesantiscono l’anima. E sempre con la stessa leggerezza che è forse la qualità che prediligo, Pif sempre a BookCity dirà che in realtà è superficialità. Lui rimane in superficie perché non sa andare nel profondo, rimane ignorante. Come nella media lo sono tutti gli italiani. E, qualche volta, ci piace a tutti uscire da questa nostra mediocrità. «Ci sono dei momenti nella vita in cui uno vorrebbe scendere momentaneamente da se stesso. Ma solo per un breve periodo. Una sospensione.» (p.161) Purtroppo le circostanze ci richiamano a essere quello che siamo nella vita di tutti i giorni, e di generazione in generazione le cose non cambiano poi un granché. Nonostante Arturo non voglia accettarlo «Forse per la generazione di mio padre era un’esistenza accettabile, e forse anche per questo in passato c’erano meno coppie in crisi, almeno ufficialmente.

 

 

Ma che senso aveva fingere per sopravvivere, quando oggigiorno l’umanità pretende di vivere?» (p. 95). Arturo si rifà un’esistenza in America. Lasciamo Arturo, con un figlio che si chiama Rocco e una figlia in arrivo che avrebbe voluto chiamare Itala, ma che la nuova compagna lo costringerà a chiamare Maria.

E noi lettori una volta finito il libro di Pif, ritorniamo alla nostra vita, per una volta a cuor leggero. In più nel nostro bagaglio delle conoscenze di italiani medi, aggiungiamo che se vogliamo pregare, liberi di farlo, ma è importante capire che non è la preghiera che ci dà la capacità di far fronte alla vita, ma solo la preparazione, la costanza e le disciplina. «Il 5 luglio 1982, nello stadio di Sarriá Barcellona, vincemmo la partita perché Dino Zoff, dopo tanti anni di allenamento, sudore, sacrifici, successi, sconfitte, e tanto talento fece la parata della vita, la parata del secolo.» (p. 177)

Per quanto riguarda chi ci governa, o chi ci ha governato, i mondi corrotti della politica e della Chiesa, non mi esprimo, ma sicuramente chi si professa cattolico, se davvero lo fosse, le sue azioni sarebbero rivoluzionarie. Diverse. È così ritorniamo alle citazioni in esergo: Alfano e Salvini che ne dite di fare l’esperimento di Arturo anche voi?

Recensione di IO LEGGO DI TUTTO DAPPERTUTTO E SEMPRE E TU? di Sylvia Zanotto

 

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