NON PIANGERE, di Lydie Salvayre (L’asino d’Oro)
Premio Goncourt 2014
In Italia il romanzo “Non piangere” compare due anni più tardi presso la casa editrice torinese L’asino d’Oro, affidando l’ardua impresa della traduzione a quattro mani esperte.
Questo libro è sì scritto in francese, molte pagine sono caratterizzate da una prosa narrativa scorrevole e di facile traduzione, ma altre sono la trascrizione dell’oralità del pensiero e dei discorsi della gente, in primis della madre della narratrice che usa una lingua tutta sua, a metà fra il francese e lo spagnolo “le fragnol”, che diventa un “spagnitaliano”. Termini come ‘gritare’, ‘entendesti’, ‘barbarità’, ‘apacigarmi’ sono la traduzione della lingua parlata della protagonista, che personalizza il lessico e i modi di dire francesi.
Espressioni come «cascare a fagiano» o «testa di rana» sono perle che il lettore ingoia con la stessa voracità e vivacità con cui si svolge il dialogo fra madre e figlia che conduce il filo narrativo.
La naturalezza e la disinvoltura della lingua veicolano un contenuto complesso e articolato che affronta il periodo della nascita delle comuni in Spagna attraverso l’esperienza di Montse, Montserrat Monclus Arjona, che a novant’anni, racconta a sua figlia, bevendosi un bicchiere di anisetta, cosa fu il 1936 per lei che all’epoca aveva quindici anni.
Nei suoi ricordi solo quell’anno è luminoso e presente, tutto il resto della sua vita rimane avvolto nella nebbia e nella quasi indifferenza.
Una lezione di storia, il romanzo di una vita, che si svolge in un periodo dominato dalla guerra civile spagnola e dall’epurazione omicida effettuata dalla destra conservatrice con la benedizione della Chiesa.
La scrittrice mentre ascolta e trascrive l’incredibile esperienza di sua madre legge ‘I grandi cimiteri sotto la luna’ di Georges Bernanos. Lo scrittore francese nel 1936 si trovava a Palma de Maiorca con la propria famiglia; nonostante la sua posizione politica e religiosa vicina ai nazionalisti la sua coscienza non gli permise di stare zitto di fronte allo scempio che questi compirono senza pietà e decise di testimoniare e di condannare il terrore seminato in quegli anni.
Due voci, due visioni: una consapevole, l’altra ignara, una amareggiata e atterrita, l’altra entusiasta e esplosiva. Si completano e si riecheggiano. Ma il contesto storico per quanto tragico non impedisce all’autrice di godersi il discorso con la madre e rende il lettore partecipe di questa intimità che conferisce alla conversazione magia e incanto, freschezza e genuinità.
Il nucleo della storia dura pochissimo, soltanto qualche giorno. Montse, non si sa bene come la famiglia non si opponga, sale sul furgone e va a Barcellona, sulle orme del fratello José, bello come il sole, rivoluzionario, anarchico, ribelle e carismatico. Qui conosce il lusso, la libertà, la rivoluzione, l’amore. Un amore di una notte – cortissimo, ma coronato da un bacio lunghissimo: un’ora e mezza!
Ah, si diverte, confessa Lydie Salvayre, a scrivere il romanzo. Una gioia dedicarsi a questo compito. Per quanto riguarda il rapporto fra memoria e storia, riconosce che in Europa siamo piuttosto orientati al taglio storico, e siamo ossessionati dalla memoria, cercando di ricordare tutto.
Volutamente la sua protagonista dimentica ed è proprio il dimenticare che permette a un ricordo di stagliarsi dal magma del passato (della vita) e di disegnarsi nei minimi particolari, sfoggiando le più recondite sfaccettature. «Mi sono occupata poco della storia», dichiara l’autrice «ero più interessata a dipingere l’evoluzione di una ragazza ignorante, che non sa niente del mondo, del sesso e degli uomini e che tutt’a un tratto scopre che può cambiare il suo stato e porsi come persona, non solo, come persona libera.
‘Non piangere’ racconta la storia di un esilio, che riguarda l’autrice come sua madre, e la capacità di trattarlo con la dovuta distanza. Il titolo volutamente nega il pianto. La distanza permette di godersi ogni singolo passaggio e per l’autrice ogni singolo passaggio è stato di pura esaltazione, di pura gioia (le conversazioni con la madre, la lettura di Bernanos, la scrittura). Lydie Salvayre, attraverso la scrittura conserva un pezzo di storia europea emerso dalla memoria materna. «perché i libri servono anche a questo».
‘Non piangere’ è un invito a resistere, a continuare a sognare. Un mondo d’inclusione è possibile, dove gli ultimi non diventano primi solo perché non c’è una classifica e «un vincitore vale quanto un vinto». Il romanzo della Salvayre non propone soluzioni, si limita a suggerire di aprire bene gli occhi e non piangere, di cercare la verità e con coraggio guardarla.
Infine due parole su Carlo Emilio Gadda: è il maestro che ha indicato alla scrittrice l’uso di più lingue nella letteratura, ma non delle lingue erudite! Piuttosto quelle della gente povera, che vive nelle campagne, che parla dialetti e spesso che se li inventa nel difficile passaggio dell’apprendimento di una lingua straniera in quanto migranti.
«Di Gadda, mi piace questa polifonia allo stesso tempo linguistica e culturale. Ogni volta che vado in Italia, vado a salutarlo al cimitero. Lo adoro. Una delle virtù della letteratura è proprio quella di far rivivere queste lingue, questi gerghi, queste voci generalmente escluse dalla letteratura dominante. È un modo per formulare una domanda politica specificatamente rivolta alla lingua.
Sono una minaccia le parole immigrate per la lingua? Si può rispondere all’istante e senza esitare a questa domanda. La lingua francese notoriamente non solo non teme le parole straniere, ma ne fa il proprio miele. Gli scrittori dovrebbero sempre restituire questo carattere vivo della lingua, come ha fatto Gadda».
«Un romanzo di irriducibile bellezza», secondo ‘Il venerdì’ di ‘Repubblica’
«La forza di questo libro bello e originale è nel continuo intreccio tra le ombre dell’orrore e le luci della breve felicità, la breve anarchia personale di Montse». ‘Il sole 24 Ore’
I consigli de lCaffè Letterario Le Murate Firenze, di Sylvia Zanotto
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