NOTTURNO INDIANO, di Antonio Tabucchi
Più volte, il narratore dice di seguire, nel suo viaggio attraverso l’India, una piccola guida “incongrua”. L’autore ha a sua volta prodotto un piccolo romanzo reticente. Si ha bisogno di un romanzo reticente, ogni tanto, di uno di quei libri che lasciano enormi spazi all’immaginazione. Questo tuttavia fa qualcosa di più: nel finale mette in guardia il lettore, gli fa sapere che il suo punto di vista potrebbe non essere il migliore per cogliere il messaggio. Questi libri non vengono mai veramente chiusi. Rimangono con le loro suggestioni a tener compagnia al lettore, a dirgli qualcosa di lui.
PS Ho letto su un’antologia scolastica un racconto di Tabucchi intitolato I treni che vanno a Madras. In esso, molti riferimenti (le città, la Società teosofica, i colloqui notturni, le citazioni) fanno pensare a questo testo, come se il racconto fosse stato costruito per essere inserito qui, ma ne fosse stato successivamente collocato a parte, forse perché molto meno reticente e troppo dettagliato. Se qualcuno è informato sulla filologia tabucchiana, mi racconti la storia di quel racconto e delle sue “incongrue” parentele.
Recensione di Maria Cristina D’Amato
NOTTURNO INDIANO Antonio Tabucchi
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