NUOVA GRAMMATICA FINLANDESE, di Diego Marani (La nave di Teseo – marzo 2023)
“La parola giusta. È tutta lì la differenza fra la vita e la morte. Il ricordo è inseparabile dalla parola. La parola trae le cose dall’ombra. Impara la parola e riavrai la memoria”
Trieste, 10 settembre 1943. Un uomo viene trovato sul molo privo di sensi e con una grave ferita alla testa. Viene soccorso dalla nave militare tedesca Tubingen e il medico di bordo si dedica subito a lui con trasporto. Il Dott. Petri Friari, finlandese ma residente ad Amburgo, riconosce infatti nel ferito un connazionale grazie al nome che questi porta cucito sulla divisa: Sampo Karjalainen. Il Dott. Friari non rientra in Finlandia da molto tempo, per scelta, da quando durante la guerra civile tra rossi e bianchi il padre è stato ucciso; eppure la Finlandia, a fatica considerata ancora patria, torna spesso nei suoi pensieri e lui cerca di tenerla viva grazie alla lingua e alle relazioni con altri connazionali. Il caso di Sampo lo incuriosisce e lo impietosisce molto: l’uomo ha perso completamente la memoria e la capacità linguistica, non ha ricordo nemmeno di chi sia lui stesso. Di lui rimane solo un nome cucito sulla casacca.
Sampo è un uomo ucciso per metà: privato del passato, della lingua e della casa, destinato a vivere senza ricordi, senza nostalgia e senza sogni se non quello legittimo di riappropriarsi di se stesso.
Il Dott. Friari, compatendolo, cerca quindi di farlo rientrare appena possibile in Finlandia, con l’augurio di rifarsi una vita o di ritrovare quella perduta. A Helsinki Sampo cercherà quindi di tirare le fila della sua esistenza, accompagnato nel suo viaggio dal pittoresco pastore luterano Olof Koskela, l’unico suo amico, colui che gli insegnerà ad amare la Finlandia. Eppure nonostante il forte desiderio e gli sforzi fatti per sentirsi parte della comunità finlandese, Sampo sente che la sua appartenenza è costruita, artificiale, che quello che riesce a carpire con fatica gli scivola via velocemente dalle dita e il suo senso di profonda solitudine e inadeguatezza non fa che amplificarsi.
Diego Marani è linguista e glottoteta, direttore dell’istituto italiano di cultura di Parigi e per molti anni funzionario dell’UE dove si è occupato di lingue e diplomazia culturale. Ha studiato a livello professionale il finlandese, lingua di cui questo libro è forse un affettuoso omaggio. Le pagine in cui si parla di questa lingua sono state per me le più appassionanti (e le più sottolineate). Ho “studiato” finlandese solo qualche mese, da ragazza, in vista di un gemellaggio che il mio liceo aveva stretto con la città di Joensuu; dopo aver letto le splendide dichiarazioni d’amore di Marani per questa lingua mi viene tuttavia voglia di studiarlo seriamente (l’unica cosa che mi rimane è hyvää päivää – buona giornata) e, ovviamente, di ritornare in Finlandia (dove sono stata solo 14 giorni).
“Il finlandese è un unico incessante canto”
“Il finlandese no, non è stato inventato. I suoni della nostra lingua erano attorno a noi, nella natura nel bosco nella risacca del mare, nel verso degli animali, nel rumore della neve che cade. Noi li abbiamo solo raccolti e pronunciati”.
Ma andando al di là della particolarità del finlandese, Marani trascrive in romanzo quello che gli sta più a cuore: la lingua, la sua struttura, il suo rapporto con la cultura e l’umanità di chi la parla, il suo essere strumento identitario fino al nazionalismo più spinto. L’amore profondo per la lingua e tutti i suoi simboli e possibilità è espresso nel libro attraverso il personaggio del pastore Koskela, a cui è affidato anche un altro delicato “ruolo”: quello di devoto difensore della purezza ed esclusività della lingua finlandese e di esasperato nazionalista -funzionale tra l’altro alla descrizione del conflitto tra finlandesi e russi. Ma Marani non appoggia ne’ l’integralismo linguistico, ne’ il concetto di superiorità di un popolo, ne’ il geloso patriottismo di cui padre Koskela si fa spesso portavoce.
Il terzo tema trattato (anzi, forse il primo), quello della memoria, è ovviamente strettamente collegato agli altri due: noi cerchiamo identità nella lingua, nella terra, nella cultura -tutte cose che creano senso di appartenenza- ma si può vivere senza un passato? Chi saremmo noi privati delle nostre memorie, di quella parte di noi stessi che si cela nei ricordi? Saremmo capaci di andare avanti e dare importanza solo al presente? Saremmo capaci di viverlo, questo presente, di entrarvici appagati come essere integri? Trapiantati all’improvviso a metà della nostra vita in un certo luogo in mezzo a certe persone, potremmo senza difficoltà ricreare la nostra identità partendo da zero? Io credo che saremmo miseramente perduti. Come miseramente perduto è Sampo Karjalainen.
Recensione di Benedetta Iussig
NUOVA GRAMMATICA FINLANDESE Diego Marani
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