ODIANDO OLIVIA. UNA STORIA D’AMORE… Mark SaFranko

ODIANDO OLIVIA. UNA STORIA D’AMORE…, di Mark SaFranko

D. Può un libro essere brutale?

R. Si.

D. Può una coppia dirsi maledetta?

R. Sì.

D. Può una storia d’amore essere così patologica da ‘spaventare’?

R. Sì.

E’ possibile essere due ‘bastardi condannati’ ‘incatenati insieme, mani e piedi, da qualche forza sconosciuta’ che ne possiede le chiavi dei destini e ai quali non resta che aspettare le sue disposizioni, e solo quelle.
Questi sono Olivia (Livy) e Max, e questa è la loro storia d’amore allucinante, dove tutto ciò che è fisiologico diventa patologico.

Questo libro, per tutto il tempo in cui l’ho letto, è stato come uno scarafaggio, anzi ‘un mucchio di scarafaggi’, che mi camminavano sulla pelle mentre dormivo, esattamente come quello che abitava la topaia in cui Max Zajack vive, nel New Jersey, alla fine degli anni ’70. Max aspira a diventare scrittore, ha talento (forse) arranca tra occupazioni provvisorie e malpagate, ha scansato gli ospedali psichiatrici, le tare familiari e la guerra in Vietnam, strimpella pezzi rock in bettole, è ossessionato da letture importanti – Conrad, Camus, Bukowski, Kafka … -, vive come un cane randagio fintanto che una sera alzando gli occhi non vede lei <<Come ti chiami?>> … <<Olivia>> … Un nome adorabile. E fu tutto.”

Olivia Afrodite Tanga, poi Livy, è una femme fatale ed è un attimo con lei passare da una cena romantica al sesso sfrenato al trasferirsi nel suo appartamentino dignitoso.

Dietro quella che pare avere una parvenza di normalità (condita di orgasmi multipli ed eccessivi) ha inizio questa storia d’amore fatta di follia ed estasi, di debiti e illusioni, e di deliri. Sì, perché Max e Olivia sarebbero sprofondati “nella falda della concupiscenza nuda e cruda… rinunciando allo strato superiore polveroso e privo d’interesse dell’abitudine e del dovere senza passione che la maggior parte degli umani ben conosce.”

Che voce Safranko! Una scrittura perversa, rabbiosa, triste ed umoristica assieme. Una scrittura che spaventa. Perfetta per un rapporto (perché è più un rapporto che una relazione) fra due soggetti che possono solo accoppiarsi e mai vivere veramente assieme. Possono nutrirsi della propria carne, dei propri piaceri smoderati, delle reciproche disavventure, ma sono destinati a essere ‘il nulla’, due esseri “senza alcuna direzione”.

Un libro che mentre lo leggevo mi pulsava nelle tempie, anche quando sfiora momenti surreali come l’esperienza kafkiana di Max addetto agli affari interni di un’azienda capitalista dei telefoni così come quando Olivia incespica in relazioni strane con i suoi datori di lavoro che sanno di mafia e di gente senza soldi, alcolizzata, uomini che millantano gloria.

L’America è ben contestualizzata, anche quella classista, di lusso, quella alla quale Max lancia i giornali prima che sorga il sole o per la quale fa il chiromante per racimolare denaro e sfuggire a Bob Smith, l’omone del recupero credito, robusto dentro al completo sgualcito con il nodo della cravatta ben stretto nonostante l’umidità e il caldo, che bussa alla porta.

Ma queste 262 pagine si vivono soprattutto tra le pareti dell’appartamento in cui Max e Olivia sviluppano una dipendenza affettiva e sessuale descritta con precisione, in tutti i suoi meccanismi, quelli dell’amore e quelli del disprezzo, quelli dell’ossessione e della tossicità: “realizzavo che Livy ed io eravamo incatenati insieme, mani e piedi, da qualche forza sconosciuta che possedeva le chiavi dei nostri destini: dovevamo aspettare le sue disposizioni, e solo quelle. …”

Max lo sapeva che doveva affrontare prove molto dure. Glielo aveva detto Lynn, l’astrologa, <<Si prepari alla lunga e oscura notte dell’anima>>.

Mentre leggevo non ho mai sentito un attimo di tregua, di consolazione; è stato tutto un galoppare verso la fine, dove tutto sa di fallimento, di insuccesso, di dipendenza “Dopo quelle litigate tra me e Olivia non si risolveva né migliorava mai niente, ma eravamo condannati a ripeterle, come tossici incapaci di spezzare la dipendenza”.

Mi sono sentita strattonata io, io in bilico per loro, io senza equilibrio.

Non sarà un caso che Dan Fante, scrivendone la prefazione abbia definito le scene tra Max e la sua donna “operazioni chirurgiche a cuore aperto eseguite con un’ascia”.

La voce di Max, l’ho sentita; è lui che racconta e Olivia risponde isterica. I protagonisti li ho avuti davanti, li ho visti, sentiti, divorati dal sesso esplicito e dall’amore malato (non mi piace questo termine medico ma non me ne sono venuti altri) e dai continui tentativi di sopravvivenza.

Poi, quando tutto mi pareva perso, sul punto di precipitare, è arrivata di nuovo la voce di Max “Ecco. Era finita. Ero vivo.” E la tempesta si è allentata, anche la mia.

Ho raccolto i brandelli di questi amanti ed io per prima mi sono detta con disincanto “E’ da tempo che non cerco più risposte. Ormai, non faccio più domande.”

Recensione di Nunzia Cappucci

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