OLTRE OGNI RAGIONEVOLE DUBBIO, di Enrico Caringella (Mondadori)
Il libro inizia alla grande riportando il discorso del giudice nel film “La parola ai giurati” (1957) di Sidney Lumet, un film che, a distanza di tanti anni mantiene ancora inalterato il suo valore filmico e morale e che sancisce che la vita e la libertà di un uomo devono sempre essere sottoposte al principio del “oltre ogni ragionevole dubbio”.
È la storia dell’ assassinio di un uomo di cui sono ritenuti responsabili la moglie e il suo amante; ma il focus non è tanto sulla vicenda in sé ma sulle dinamiche di giudizio.
“Non lo appassionavano le vicende criminali e processuali, ma le traiettorie umane che ne costituivano lo sfondo. Storie di perdizione che dimostravano la fragilità degli equilibri su cui poggia la normalità “.
Molte parti del libro sono vere e proprie digressioni quasi filosofiche che, prendendo spunto da discussioni tra i giurati, esplorano problemi di vario genere, come il rapporto padre/figlio o la spiegazione della parola “assassino” che viene da hashish perché nelle antiche leggende orientali chi uccideva si stordiva con la droga per dimenticare la propria umanità e trovare la forza di ammazzare.
Una parte importante nel racconto gioca anche il “processo mediatico”: un giornalista televisivo segue in diretta la vicenda e vuole dimostrare che il processo in tribunale non esiste ma il vero processo è quello che si celebra in trasmissione: il vero tribunale è l’opinione pubblica.
Solo negli ultimi capitoli la vicenda riprende il sopravvento e quasi in maniera convulsa si avvia ad una spiegazione del tutto inattesa.
Letto con grande piacere. Consigliato
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