“Leggere è andare incontro a qualcosa che sta per essere e ancora nessuno sa cosa sarà”
Se una notte d’inverno un viaggiatore
Il 15 ottobre 1923, esattamente 100 anni fa, nasceva Italo Calvino.
Per chi come me lo adora, questo centenario non può passare inosservato.
Ammiro il Calvino dei saggi, adoro il Calvino dei romanzi e amo profondamente il Calvino dei racconti.
Italo con le sue Lezioni Americane ha cambiato il mio modo di leggere, con Perché leggere i classici mi ha aperto a tanti autori che a loro volta mi hanno fatto scoprire altri mondi, con il suo Barone Rampante mi ha fatto sentire il grido di ribellione e l’importanza di credere in sé stessi, nei propri ideali.
E poi Il Visconte dimezzato che mi ha fatto riflettere sull’essere, mi ha raccontato l’allegoria dell’uomo incompleto, mutilato, nemico di sé stesso.
Leggendo Il Cavaliere inesistente mi sono imbattuta nel simbolo dell’uomo moderno, privo di identità, inesistente agli occhi di tutti e del mondo che gli sta intorno, alla perenne ricerca di sè stesso.
Mi sono fermata a sognare la mia città invisibile, ascoltando le parole di Marco Polo e di Kublai Kan, che mi hanno mostrato come combattere l’inferno che viviamo, sapendo riconoscere in mezzo ad esso chi e cosa non è inferno, e “farlo durare, e dargli spazio”
Ho rivissuto il mito della creazione con Le cosmicomiche, struggente metafora dell’esistenza, dei rapporti e delle relazioni dell’uomo contemporaneo, relazioni conflittuali, di affetti, amore e spesso incomprensione.
Mi sono commossa con Marcovaldo, come si può non voler bene a quest’uomo? Mai pessimista, sempre propositivo, sempre pronto a riscoprire in mezzo ad un mondo ostile lo spiraglio di un mondo fatto a sua misura.
E infine mi sono piacevolmente persa in quel meraviglioso labirinto che è Se una notte d’inverno un viaggiatore.
Un romanzo che non riesce a finire, il romanzo del “TU”, IO, lettrice, investita del ruolo di protagonista.
E allora ho deciso di celebrarlo leggendo un libro pubblicato postumo, un libro che voleva essere un inno ai cinque sensi, purtroppo non ha fatto in tempo a finirlo e quindi dei 5 racconti, uno per ogni senso, ne sono stati pubblicati solo tre.
Già solo dopo aver letto la prima pagina mi sono resa conto di quanto mi sia mancato questo scrittore, il suo stile, il suo modo quasi perfetto di giocare con le parole.
La scrittura di Calvino è raffinata, elegante, sofisticata, tocca vertici davvero notevoli, io ne resto affascinata.
Un racconto per l’olfatto, Il Nome, il Naso, uno per il gusto, ed è quello che dà il titolo alla raccolta, ma che in una prima stesura si intitolava “Sapore Sapere” e infine uno per l’udito “Un re in ascolto”.
Difficile far “sentire” attraverso le parole quello che normalmente si percepisce con i sensi…difficile e quasi impossibile per quasi tutti, non per Italo.
Attraverso la scrittura, attraverso l’uso e l’accostamento di parole, verbi, aggettivi si percepiscono profumi, sapori e suoni.
E’ un libro sensitivo a tutti gli effetti, un libro sensoriale, un libro di emozioni ma anche di sperimentazioni.
E’ surreale in certi punti, fantasy in altri, erotico, pieno di passione, ma anche macabro e violento.
E’ un libro d’istinti, seppur, sicuramente, studiato in ogni sua lettera, Calvino non lascia nulla al caso.
Nel primo racconto il protagonista è un io narrante che vive tre storie in tre epoche diverse, i passaggi dall’una all’altra, disorienta e affascina.
E’ un uomo del 1700 che in una profumeria va alla ricerca dell’essenza di una donna di cui conosce solo il profumo; è un uomo preistorico che corre a quattro zampe per seguire l’odore di una femmina che si percepisce essere diversa da tutte le altre. Ed è infine un giovane dei giorni nostri, chiuso in un locale asfittico sul Tamigi, che nel mucchio di corpi drogati e ubriachi, cerca la ragazza bianca con le lentiggini.
Nel racconto che dà il titolo al libro, i protagonisti sono marito e moglie che vivono una straordinaria esperienza di condivisione in un paese sudamericano. Attraverso la cucina e i sapori di quei luoghi, ritornano a comunicare con il linguaggio del corpo, sguardi, assaggi, e il loro rapporto riprende vigore. La coppia vive in un’atmosfera di complicità la conoscenza di un paese che non è solo paesaggi, tramonti, monumenti, ma gusto, tensione e sapore.
Il racconto sull’udito racconta di un re, ridicolizzato oltre ogni limite, qui Calvino si supera in quanto a ironia, sarcasmo e tagliente comicità.
Un uomo incoronato re che per mantenere il suo trono non può mai, e dico mai, lasciarlo incustodito.
Il re è prigioniero del suo stesso potere, costretto a stare sempre assiso. La sua vita è una quotidiana e noiosa ripetizione delle stesse azioni e degli stessi avvenimenti. In questa obbligata immobilità non può far altro che affinare l’udito, e lo affina così tanto da riuscire a sentire tra il frastuono del palazzo, un suono, una voce, una melodia che lo riporta indietro nel tempo…e allora qualcosa in lui cambia.
Ho ancora tanto da leggere di questo grande immenso scrittore, nato a Cuba da genitori italiani, laureato in agronomia il padre, in scienze naturali la mamma.
Uno scrittore che ha saputo coniugare il mondo realistico con quello fantastico.
E allora non mi resta che dire “Tanti tanti auguri Italo!”
Cosa siamo noi se non “una combinatoria d’esperienze, d’informazioni, di letture, d’immaginazioni? Ogni vita è un’enciclopedia, una biblioteca, un inventario d’oggetti, un campionario di stili, dove tutto può essere continuamente rimescolato e riordinato in tutti i modi possibili”.
Buona lettura
Di Cristina Costa
Perché leggere i classici – Italo Calvino
Il più amato di Calvino: Il barone rampante
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