Parcheggia le adidas in giardino
di Corrado Occhipinti Confalonieri
Racconto in otto puntate per iL Passaparola dei Libri
Disegno di copertina: Roberto Ragione
a Ida Boni
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Settima puntata
13.
La prima ora del lunedì mattina faceva lezione Valium, si poteva pertanto continuare a dormire. Ma quel giorno non avevo sonno, cercavo un modo per confessare a Nicolò la mia piccola bugia.
Lui non mi aveva chiesto niente del mio incontro di sabato, io capivo che si aspettava un commento da parte mia. Avevo deciso di non raccontare nulla di quello che era successo tra me e Cristina, né a lui né a nessun altro. Parlare avrebbe disegnato i contorni di quel quadro astratto che avevo creato io. Rimasi in silenzio tutta la mattina.
Mentre mi stavo avviando la fermata dell’autobus, sentii lo stridere dei freni di una bicicletta dietro di me.
«Guarda che a me non frega nulla di quello che hai fatto con Cristina» mi urlò Nicolò.
Mi voltai. «Non è vera la storia di quando avevo 14 anni, scusami».
«Anche io ti ho mentito: il messaggio sul tuo quaderno l’avevo scritto io». Mi guardava fisso negli occhi con espressione sincera. Dopo tre secondi, eravamo scoppiati in una risata liberatoria.
14.
La Cardi era molto arrabbiata con Giovanni perché veniva a scuola a giorni alterni. I provvedimenti canonici presi non avevano dato i risultati sperati.
Nessuno osava chiedere a Giovanni il perché di quelle frequenti assenze: improvvisamente avevamo capito di non conoscere nulla di lui al di fuori dell’ambito scolastico.
Proposi a Nicolò di andarlo a trovare un pomeriggio e lui accettò. Non era difficile immaginare dove fosse Giovanni, infatti ci eravamo diretti subito alla fabbrica, nella solita sala della musica. Non sembrava essersi accorto della nostra entrata. Continuava a suonare con più rabbia delle volte precedenti, anche se forse me lo ero messo in testa io.
Quando ci vide smise di suonare e ci sorrise. «Immagino il motivo della vostra visita. Non ho più voglia di venire a scuola, l’unica cosa che mi interessa è di suonare» ci disse.
Ipotizzai che una cosa non pregiudicava l’altra anche se non ne ero molto sicuro perché entrambe le cose richiedevano un minimo di concentrazione e impegno supplementare anche se fatte male e non sapevo quali fossero le riserve di Giovanni.
Mi aspettavo qualche parola di incoraggiamento da parte di Nicolò ma l’unica cosa che disse fu: «Fai quello che ti pare».
«D’altronde», continuò Giovanni «mio padre non vuole che abbandoni gli studi e ha già minacciato di requisirmi la batteria».
L’alternativa non era delle più confortanti. Chiuso in una morsa mi chiedevo se Giovanni avrebbe avuto la forza di prendere una decisione definitiva, ma in quel momento niente sembrava definitivo né a me né a nessuno di noi tre.
15.
Una domenica Nicolò era venuto a casa mia. La squadra di calcio di cui era tifoso giocava una trasferta troppo lontana anche per lui.
Mentre lo aspettavo, mi chiedevo quali alternative offrisse la campagna in un giorno festivo e non erano molte. Dipendeva anche dalla sua disponibilità.
Quel giorno era di buon umore: scese elettrizzato dalla 2CV di seconda mano, perché da quando aveva la patente quello era stato il suo primo viaggio fuori porta.
«Mostrami una tua domenica tipo» disse lui.
Mi ero subito sentito sollevato: era disposto anche ad annoiarsi. Decisi per una passeggiata. Si vedeva che Nicolò ero abituato all’asfalto: manteneva un precario equilibrio sul terreno, molle per la pioggia notturna e ogni tanto scivolava.
Non parlavamo molto. Nicolò aveva detto che si sentiva venir su tutte le sigarette fumate della settimana e voleva risparmiare il fiato.
Dopo un paio d’ore eravamo arrivati all’ enorme piazzale di una fabbrica che campeggiava nella pianura come una cattedrale.
«È mostruosa» disse inorridito Nicolò.
In effetti la costruzione rompeva col secolare paesaggio di campi e di alberi, una frattura forse insanabile.
«Ogni tanto anche la monotonia di un paesaggio campestre è piacevole» dissi io.
Eravamo seduti ai margini del piazzale (durante la settimana doveva essere il parcheggio dei dipendenti) e davamo le spalle alla cattedrale. Il sole aveva scaldato la terra umida, era salita una leggera nebbia che faceva solo intravedere le case lontane. Nicolò aveva abbandonato il suo abituale pallore per un colorito da campagna.
«Qual è stato il regalo più bello che hai ricevuto?» gli chiesi.
«Un cane. Era Natale di parecchi anni fa. Ricordo che in casa correva e faceva i suoi bisogni dappertutto».
Adesso doveva essere morto perché non me ne aveva mai parlato. Sulla strada del ritorno mi ero voluto fermare in una fattoria dove la cagnetta del contadino aveva avuto dei cuccioli. Erano dei bastardini la cui fine certa era di rimpinguare i branchi di randagi che vagabondavano alla ricerca di cibo.
Ne presi uno a caso e lo piazza in braccio a Nicolò. «Il mio regalo di Natale, anche se in ritardo» gli dissi. Lui ripeté la stessa formula con me.
Fine della Settima Puntata
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Profilo biografico dell’autore
Corrado Occhipinti Confalonieri è nato a Milano nel 1965. Laureato in Scienze politiche, è storico e autore. Ricordiamo un saggio sul Circolo dei nobili fra ancien régime e liberalismo (Il Risorgimento, 1992, 1) e di uno sul progetto di Unione franco britannica del giugno 1940 (Rivista di studi politici internazionali, 2018, 4). Nel 2019 ha pubblicato uno studio sull’azione di Jean Monnet nella Prima guerra mondiale (Rivista di studi politici internazionali 2019, 4) e la ricostruzione della Cronaca della peste del 1348 scritta da Gabriele Mussi (Bollettino storico piacentino 2019, 2). Finalista del concorso letterario. Un giorno di Joyce indetto dal “Corriere della Sera”, collabora con i mensili Medioevo, Storica National Geographic e col settimanale Maria con te. Si occupa anche di divulgazione storica e novità librarie sui social (Instagram e Facebook) dove riscuote un ampio seguito. Nel romanzo storico La moglie del santo (Edizioni Minerva) narra la vita di due suoi avi vissuti nella prima metà del 1300: Corrado Confalonieri – santo patrono di Noto e di Calendasco – e sua moglie Eufrosina Vistarini. Le agiografie ufficiali citano solo di sfuggita Eufrosina: scopo dell’opera è quello di ridare voce a una donna coraggiosa, a lungo dimenticata, nel contesto politico, sociale e religioso dell’Italia del XIV secolo. Per il suo romanzo , ha vinto il Premio speciale Italia Medievale 2019 e quello per la miglior copertina dal gruppo Facebook Thriller storici e dintorni.
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