PATRIA, di Fernando Aramburu
Recensione 1
In paesino vicino a San Sebastian vivono due famiglie, alla giuda delle quali ci sono Bittori e Miren, due donne forti e un tempo legate da grande amicizia ma che adesso si trovano irrimediabilmente divise dall’odio settario scaturito dalla ripresa della lotta armata dell’ETA; Bittori, infatti, è rimasta vedova del Txato, un imprenditore dal carattere mite e gentile, leale alla causa basca ma che si rifiutava di farsi estorcere denaro per finanziare i terroristi, tra i quali milita uno dei figli di Miren che lo difende in modo cieco e fanatico, convinta di aver aderito a una giusta causa per la quale valga la pena sacrificare gli altri sentimenti.
Intorno a questo irrisolto e doloroso nodo di rancore il romanzo racconta una storia nella quale gli avvenimenti pubblici si intrecciano con quelli privati, analizzando i fatti dal punto di vista di ogni membro delle due famiglie, raccontando i loro odi, le loro gelosie ma anche la struggente malinconia dei tempi sereni, quando la politica e il settarismo non avevano ancora tracciato i solchi lungo i quali tutti trascinano le proprie esistenze, intestarditi e disperati di trovare, un giorno, una riappacificazione.
Per comprendere e dare voce a tutte le ragioni, Aramburu ricorre una prosa estremamente ricca e variegata, nella quale alterna registri linguistici diversi – comprese diverse espressioni in lingua basca – e piani temporali sovrapposti che riportano continuamente il lettore al fatto centrale: il racconto della morte del Txato in nome di una causa incomprensibile a molti.
Aramburu descrive in molto preciso anche l’atmosfera opprimente calata sui territori rivendicati dall’Eta e non manca di sottolineare come a questa contribuisse anche la violenza della polizia.
Patria è un romanzo toccante, profondamente umano che racconta con stile asciutto e essenziale vent’anni di storia basca e spagnola, per portare il lettore a focalizzarsi sul vero nocciolo della questione: il perdono.
Una lettura fortemente consigliata in questi giorni nei quali pare che un odio antico e feroce stia rialzando la testa, per stimolare una riflessione che vada oltre il giudizio politico e si soffermi sulla capacità di capire e superare.
Recensione di Valentina Leoni
Recensione 2
Il nome di questo libro è già di per sè un valido riassunto del sottotesto che, come un grande tappeto, si estende dalla prima all’ultima pagina.
Non è di questo tappeto che io voglio parlare oggi, o meglio, non solo. Io voglio porre l’attenzione sui personaggi femminili: questo libro parla di “Donne” che scalano montagne irte e aguzze a piedi nudi. Ci mostrano le loro ferite in un modo molto composto. Sono urla silenziose che atterriscono proprio perché non si sentono con le orecchie, ma col cuore.
Bittori e Miren sono due mogli e due madri: hanno come compito immenso quello di tenere in piedi i cocci di ognuna delle due famiglie. Un tempo erano amiche inseparabili. Ora devono fare i conti con l’odio in cui si è trasformata la loro amicizia.
Bittori ha una figlia, Nerea, studentessa di legge in una città lontana che ha un modo tutto suo di affrontare il dolore. Non la senti, non si fa vedere, preferisce stare lontana il più possibile dal suo paese, illudendosi di attutire almeno un poco quello che prova. Siamo fra gli anni ’70 e ’80 e soprattutto siamo in un paese in cui emancipazione significa ancora “vergogna” e “sfacciataggine”. Ma a Nerea non importa tutto ciò…
Anche Miren ha una figlia: una dolcissima Arantxa forte, tenace e per nulla disposta a barattare la sua umanità con l’odio. Amica di infanzia di Nerea, sorella amorevole e disposta ad accettare realtà difficili e drammatiche. Costretta da un ictus su una sedia a rotelle riesce a comunicare il Suo modo di vedere la vita attraverso un piccolo tablet. Non ha la minima intenzione di arrendersi anche quando tutto e tutti non potranno consigliarle altro.
E i personaggi maschili? Io posso solo dire che se non ci fossero state queste donne a combattere per la propria famiglia, rischiando anche di passare per insensibili, gli uomini si sarebbero persi… Persino il Txato… Persino dopo…La vedo Bittori a fare a piedi la salita del cimitero per venirti a trovare, per venirti a raccontare la Vita, per non lasciarti morire nell’oblio.
Forte, tenace, commovente quadro di una comunità con la “Patria” nelle vene al posto del sangue.
Recensione 3
“ Chiedere perdono richiede più coraggio che sparare”
“Patria”, dello scrittore, poeta e saggista spagnolo Fernando Aramburu Irigoyen, vincitore di premi prestigiosi come il ”Premio de la Critica 2016” e il “Premio Strega Europeo 2018 ”, venti ristampe, 400000 copie vendute, tradotto in undici Paesi, esce in Italia nel 2017 (Guanda- Collana I narratori della Fenice).
Un grande affresco sul terrorismo separatista basco che dal 1968 al 2011, anno in cui l’Eta dichiarò di ritirarsi dalla lotta armata, fece più di 800 morti e creò una società che influenzò fortemente le esistenze umane ricoprendole di semi di odio che purtroppo attecchirono creando divisioni e contrasti insanabili, capaci di dividere anche i componenti di una stessa famiglia o gli amici più cari.
L’intento dello scrittore però, non era tanto quello di arricchire di particolari i libri di storia o di essere un deposito di memoria che ampliasse “quello spazio al quale potranno fare ricorso le generazioni del futuro per sapere cosa è accaduto, perché è accaduto e chi è stato coinvolto”, ma di dare visibilità alla gente comune, al loro spessore umano, alla complessità e alle sfumature dell’animo dei personaggi raccontati.
Due famiglie amiche, quella del piccolo imprenditore Taxto e di Joxian, compagni di bevute e di lunghi percorsi in bicicletta, con le mogli, Bittori e Miren, legate fin da ragazzine, e con i loro figli, sempre insieme a scuola o nei giochi infantili o nelle piccole scorribande adolescenziali. Un tragico evento, l’uccisione del Taxto da parte dell’ETA perché rifiuta di piegarsi e non vuole pagare il “pizzo” per la sua azienda, produrrà una frattura insanabile tra le due famiglie: quella del Taxto sarà la “famiglia vittima” e quella di Joxian la famiglia implicata nella sua uccisione, della quale è fortemente sospettato il figlio maggiore Jose Mari, terrorista ascritto alle file dell’organizzazione separatista basca.
Con una modalità narrativa fatta di continui salti temporali che si insinuano nelle vite dei vari personaggi prima e dopo il drammatico attentato al Taxto, con un linguaggio ricco di termini “Euskera” (per cui è molto utile il glossario alla fine del libro), trent’anni di sofferenza, di dolore, di torture, di duro carcere, di esistenze distrutte dalla colpa e dalle gravi perdite subite, di omertà e silenzio, di rifiuti e di lacerazioni dell’anima, di coscienze dormienti e di fanatismi esteriorizzati si dipanano sotto i nostri occhi in ogni loro minuziosa gradazione, come sotto una gigantesca lente d’ingrandimento fino ad una conclusione appena attutita dal tempo trascorso che matura i suoi frutti solo alla fine in un difficile ma agognato e forse inutile perdono. Libro lunghissimo che forse avrebbe beneficiato di qualche pagina in meno, ma alla fine ci si sente totalmente assorbiti da quei personaggi (con delle straordinarie figure femminili) che, proprio grazie alla dovizia di particolari del loro profondo sentire lungo le varie fasi della loro vita, sono diventati quasi intimi amici, e possiamo comprendere ognuno di loro proprio per la raggiunta e completa compenetrazione con la loro anima.
Ma è indubbiamente interessante anche lo spaccato storico e sociale di quegli anni “di piombo” spagnoli per quelli che come me troppo poco hanno approfondito il periodo e gli avvenimenti accaduti e che un po’, ma solo un po’ e lo spero, sono tornati alla ribalta con i fatti riguardanti l’indipendentismo catalano. Ma questa è un’altra storia.
Recensione di Maristella Copula
Recensione 4
Un romanzo poderoso, e non solo per le 630 e passa pagine, scandite da più di 100 capitoli e un glossario per i termini in lingua basca disseminati nel testo.
Nove persone, due famiglie legate da profondi legami di amicizia: quella fra i mariti inseparabili in osteria e nelle domeniche in bicicletta; quella fra le mogli che risale ai tempi della prima giovinezza quando, prima di conoscere chi avrebbero sposato, volevano entrambe diventare suore; quelle fra i figli che crescono insieme, compagni di giochi e di scuola.
Siamo negli anni 70/80, nel periodo delle lotte dell’ETA, e la storia prende avvio in un paesino vicino a San Sebastian. Un episodio tragico butta all’aria per sempre la vita di queste nove persone.
La vicenda viene narrata nel corso di decenni attraverso nove sguardi, nove pensieri, e nove punti di vista, che si intrecciano fra loro, si influenzano e si confrontano o entrano in conflitto. Evolve, la storia, per avvicinamenti progressivi da parte dei nove protagonisti. E il tempo del raccontare, proprio perché intimo ad ognuno di loro, non è lineare, procede a tratti, con salti avanti e indietro in una specie di circolarità che abbraccia contemporaneamente passato, presente e premesse di futuro. E anche il punto di vista di ognuno dei nove protagonisti passa dalla prima alla terza persona continuamente, senza soluzione di continuità, senza chiudere la frase aperta con un punto. Come se ognuno di loro si raccontasse ed avesse anche un narratore esterno che lo racconta. In ogni capitolo è solo uno il personaggio che si narra e viene narrato.
E quando lentamente la lacerazione tragica che aveva sconvolto le vite di tutti arriva a una sorta di epifania, nello stesso capitolo, l’ultimo, è l’unica volta in cui tutti insieme trovano voce.
Ma non lasciatevi ingannare dalla complessità che spero di aver saputo rendere: il libro scorre benissimo, io ho tralasciato altre cose che avevo in programma di leggere per non mollarlo.
Un libro bellissimo che, se non me l’avesse consigliato la mia libraia di fiducia, Tamara Guazzini della Libreria Rinascita di Empoli, non avrei mai letto, spaventata dalla mole.
Recensione di Carla Benedetti
Presente anche in Un Libro in un Tweet
Titolo consigliato dalla Libreria Palazzo Roberti
Titolo presente anche nella nostra Rassegna mensile dei libri più letti e commentati Aprile 2018 e nell’intervista alla Libreria La Gioberti
PATRIA Fernando Aramburu
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