PAURA, di Richard Wright
Bigger Thomas è cresciuto nel ghetto nero di Chicago dove, nonostante non gli manchino i buoni esempi, vive alla giornata sul pericoloso filo del rasoio che divide il crimine, del quale ha però un’idea piuttosto confusa, dalla vita onesta che gli appare priva di attrattive per un ragazzo nero destinato comunque a rimanere l’ultima ruota del carro.
Controvoglia, accetta un lavoro da autista offerto dal signor Dalton, ricco bianco noto per le sue opere di carità nei confronti degli afroamericani e proprietario dello squallido tugurio dove Bigger vive con la famiglia: l’incontro con la figlia di Dalton, Mary, metterà Bigger in grande crisi, facendo scattare una tragedia umana e sociale che è al centro della trama del romanzo.
Con una prosa impeccabile, dal taglio asciutto e privo di moralismi, Wright espone un fatto di cronaca in modo da evidenziare il fatto che alla base di tutto ci sia un razzismo profondo, radicato al punto da condizionare tutti gli aspetti della vita di un paese; non c’è nessuna giustificazione al comportamento di Bigger e l’autore lo ribadisce in più punti, ma la sua vicenda umana dimostra che le sue colpe, innegabili, non sono le uniche a dover essere messe sotto accusa.
La paura che dà il titolo al romanzo (titolo molto più calzante dell’originale Native Son, a mio avviso) è l’unico sentimento che anima i personaggi del romanzo, è il sentimento che Wright indica come il vero collante della società americana del suo tempo: Bigger ha paura perché, abituato a essere ultimo degli ultimi, ha dovuto mettere da parte i suoi sogni e le sue aspirazioni e costruire una vita nella quale lo scopo fondamentale è non infastidire i bianchi, “così ti lasceranno vivere in pace”, come non manca mai di ricordargli la madre, abituata a chinare il capo e a biascicare preghiere; è la paura del diverso ad animare la diffidenza della comunità che si sente più sicura sapendo i neri confinati nei ghetti e invoca la pena di morte ogni giorno, come fanno notare per scopi diversi, gli avvocati del romanzo.
La potenza di questo straordinario romanzo consiste, tuttavia, nel fatto che il suo autore punta il dito anche verso figure istituzionali che tradizionalmente vengono considerate positive: per Wright la soluzione del problema della convivenza tra bianchi e neri non è offerta dalla chiesa, che non si impegna per il miglioramento della condizione di vita degli afroamericani ma si limita a promettere loro un Paradiso al quale accedere da morti, così come i vari filantropi buoni a fare elemosine ma contrari a un impegno più efficace, perché nel loro desiderio di far del bene c’è una forte dose di ipocrisia.
Paura è un romanzo sul razzismo, sulle sue conseguenze nella società, qualsiasi tipo di società e nonostante i suoi molti anni non ha perso la carica di denuncia e la sua capacità di sconvolgere il lettore e rimane un testo terribilmente attuale, che consiglio ai lettori consapevoli.
Recensione di Valentina Leoni
Titolo presente nella nostra rassegna mensile dei libri più letti e commentati a maggio 2020
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