PER FAVORE NON MANGIATE LE MARGHERITE, di Jean kerr
Molti anni fa, veramente tanti, mi innamorai di “Per favore non mangiate le margherite” di Jean Kerr. Il romanzo uscì nel 1959, io ne possiedo un’edizione Oscar Mondadori del 1968 ormai sbrindellata, corredata dei disegni di Carl Rose. L’ho riletto più volte nel corso della mia vita e non ha mai smesso di divertirmi.
Lei diventò subito il mio mito: una donna spumeggiante, scrittrice/commediografa, modernissima, con quattro figli maschi e un distrattissimo marito critico teatrale.
Joan Kerr racconta della sua famiglia, 4 figli di cui 2 gemelli: “Se mi guardo indietro, mi pare che tutto sia andato abbastanza bene quando eravamo due a due. […] Ma adesso che loro sono quattro e noi due soltanto, le cose sono cambiate. Siamo in minoranza […] ed è chiaro che non possiamo competere con questi individui tanto più giovani”. “Non dovranno mai pagare a uno psichiatra venticinque dollari all’ora per scoprire perché li respingemmo. Glielo diremo noi perché li abbiamo respinti. Perché sono impossibili, ecco perché.”
Racconta delle disavventure legate alla scelta della casa “Confrontata a quella casa, Camelot era moderna”, alla sua ristrutturazione “Dai miei calcoli personali immagino che gli operai resteranno qui per sette anni, mese in più o in meno” e al trasloco “Venne ad aiutarci mia madre. Questo fu un grande vantaggio, se non che c’era qualcosa di sbagliato nel suo metabolismo. Lei può smettere di lavorare solo dopo diciannove ore”.
E semina qua e là interessanti perle di saggezza. Sulle diete: “Quanto in verità lega incondizionatamente un marito è la ragazza con cui è divertente vivere insieme. E qualsiasi ragazza che non abbia mangiato nulla dalle nove della mattina, se non tre uova sode, sarà allegra e di compagnia come un agente del fisco”.
In mezzo a queste divertenti e ironiche vicende familiari Joan Kerr ci regala una narrazione satirica della buona borghesia di New York degli anni ’50 e due gustose parodie di Mickey Spillane e Françoise Sagan (di cui allora non colsi assolutamente il significato e, per essere sincera, anche oggi non sono in grado di apprezzarle fino in fondo).
Ho anche l’omonimo film, apprezzabile per i due interpreti Doris Day e David Niven ma che tradisce quasi totalmente lo spirito del libro. La protagonista non ha nulla della brillante commediografa ma è una mamma casalinga un po’ pasticciona, del testo originale rimane solo qualche battuta, ed è anche un po’ sessista. Insomma per me, vederlo, fu una grande delusione.
Recensione di Laura Pianta
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