PER ULTIMO IL CUORE Margaret Atwood

Incoraggiata dall’interessante recensione di Enrico Galvani sui due celebri romanzi della Atwood (“Il racconto dell’ ancella” e “I Testamenti“), ho deciso di leggere un altro libro che avevo acquistato tempo fa sperando (mi capita spesso, ahimè) di ritrovarvi quello che mi aveva attratto nei primi due. Delusione su tutta la linea. “Per ultimo il cuore” mantiene inalterate le caratteristiche del buon romanzo distopico, ma il resto – come si diceva una volta – non è da lei.

In un’America devastata dalla crisi economica e dal conseguente aumento della criminalità una giovane coppia, Stan e Charmaine, per sfuggire alla povertà che ha sconvolto la loro vita, cede alle lusinghe del progetto Positron; nonostante il fratello di lui cerchi di dissuaderli, accettano di andare a vivere nella nuova città di Consilience. Tutto è perfetto: ogni famiglia ha una casa accogliente, un lavoro, vive serenamente alternandosi ogni mese nell’occupazione degli alloggi con gli abitanti della vicina città industriale di Positron.

Ma l’entusiasmo per la nuova sistemazione svanisce presto. I due giovani (ad onore del vero Stan era già scettico) capiscono che il progetto nasconde una terribile forma di schiavitù cui non ci si può sottrarre, tanto che Charmaine si troverà costretta a praticare un’iniezione che crede letale a Stan. Da qui l’ improbabile progetto di fuga che li conduce all’epilogo, ovviamente distopico. Come dicevo, l’invenzione fantastica è interessante, ma si perde nella descrizione di situazioni che vorrebbero essere comiche o almeno ironiche, in continui riferimenti a pratiche sessuali decisamente grottesche. Il che stona terribilmente con lo stile dell’Atwood che mi era piaciuta.