Perché leggere Moby Dick?
“Ho scritto un libro malvagio e mi sento innocente come un agnello”
Herman Melville Moby Dick
Ci sono libri che incutono timore perché leggendari.
Non semplici libri, ma veri e propri testi fondativi.
Libri che una volta letti non ti lasciano più, perché cambiano la tua visione del mondo e delle cose e spesso anche di te stesso.
Moby Dick è indubbiamente uno tra questi.
E’ un testo imprescindibile, fondamentale e sublime.
Non ho affrontato questa lettura da sola, sono salpata sulla baleniera Pequod con la mia compagna di letture e con un esperto di capodogli, Stefano, appassionato studioso e conoscitore di questa opera-mondo.
Forse mi sarei schiantata senza la loro compagnia.
Ho letto capitoli, ascoltato vocali, scritto e letto messaggi e soprattutto mi sono fatta mille domande, che sicuramente mi risuoneranno dentro per molto, molto tempo.
Alla luce della lettura però non ho tutte le risposte, ma ci provo comunque…
Perché leggere Moby Dick?
Perché l’uomo nasce esploratore, la curiosità di scoprire nuovi mondi fa parte di noi.
E quindi perché non partire per questa avventura epica???
Melville ci dona tutta la sua esperienza di marinaio, è generoso nel raccontarci nei dettagli i vari tipi di balene, la strumentazione di una baleniera e soprattutto il mare, l’oceano in tutto il suo insondabile mistero, il mare E’ il luogo della ricerca.
Le sue descrizioni sono spesso dei lampi di luce e poesia in una storia che è una tragedia annunciata.
Perché leggere Moby Dick?
Perché tutti dovrebbero fare l’esperienza di vivere in una sorta di microcosmo, il microcosmo del Pequod.
Non una semplice baleniera, il Pequod è protagonista a tutti gli effetti di questo libro.
Simbolo dello spirito americano dell’epoca, del suo desiderio di espansione.
E’ il regno di Bulkington, il paradiso delle libertà democratiche, ma è anche il regno di Achab, un inferno totalitario.
Il Pequod è l’umanità tutta: cristiani, pagani, puritani, africani, polinesiani, americani e pellerossa, i conquistati e gli sconfitti, gli espulsi e i degradati.
Sola, in perenne conflitto con le forse misteriose della natura, in un oceano sconfinato.
Perché leggere Moby Dick?
Perché nessuno può sfuggire al fascino misterioso del suo capitano Achab, un titano.
Achab e la sua ambiguità, un eroe tormentato, dilaniato, sfigurato, segnato nello spirito e nel corpo: Achab è innanzitutto un uomo “marchiato”.
E’ dannato, in fissa monomaniacale verso un’entità più grande di lui.
Un uomo alla ricerca spasmodica di una cosa sola: Moby Dick, il muro della sua prigione, solo abbattendolo riuscirà ad evadere.
E’ il ribelle per eccellenza, colui che non accetta i voleri di un Dio ingiusto e crudele.
Alla fine non sarà più il coraggioso e intrepido cacciatore di balene, ma vittima di sé stesso e della sua disperata follia.
Perché leggere Moby Dick?
Perché tutti abbiamo la nostra personale balena bianca da contrastare, da affrontare, comprendere e superare.
Moby Dick è fuori e dentro di noi, è la proiezione delle nostre paure e delle nostre insicurezze.
Moby Dick è “il gran fantasma incappucciato”.
Per alcuni è il mostro biblico, per altri l’incarnazione del male metafisico, per altri ancora è un demone, per alcuni è un Dio responsabile di Male, per altri può perfino non esistere, è ambigua come la Natura, splendida e orribile, benigna e malvagia, vulnerabile e immortale, è l’essere e il non-essere.
Credo che Moby Dick sia per ognuno di noi tutto quello in cui siamo capaci di credere secondo il nostro cuore e la nostra mente.
Perché leggere Moby Dick?
Perché ha l’incipit più famoso della letteratura… ”Chiamatemi Ismaele.” e solo questo vale il viaggio.
Ismaele è l’io narrante, è l’uomo in costante ricerca, è colui che si dà un’alternativa, è osservatore e raccontastorie, è la coscienza del libro, il traghettatore del lettore.
Ismaele proprio perché racconta di tutti, ha dentro di sé qualcosa di ogni personaggio: fedele come Padre Mapple e infedele come Queequeg, in fissa come Achab, coscienzioso e prudente come Starbuck, irriverente come Stubb.
E’ forse colui che più si avvicina al mistero della balena bianca, rispettandone la potenza e la forza, così come rispetta la natura tutta, e rispetta l’uomo, il prossimo suo e lo accoglie.
E’, forse per questo, l’unico capace di sopravvivere e di rinascere.
“Moby Dick mi suscitava un altro pensiero, o piuttosto un orrore vago e senza nome, così intenso a volte da soverchiare tutto il resto; e tuttavia così misterioso e quasi ineffabile che a momenti dispero di poterlo esprimere in una forma comprensibile. Era la bianchezza della balena che soprattutto mi atterriva.”
Di Cristina Costa
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