PERFIDIA, di James Ellroy
Leggere Ellroy richiede che si conosca bene Ellroy, averlo letto dai primi, averlo magari rifiutato inizialmente (io) e esserci tornati perché qualcosa, qualcosa chiamava.
Ellroy richiede un lettore che sappia andare per conto suo, di quelli che non amano essere condotti per mano nella storia e nell’analisi dei personaggi, uno disposto ad interagire e a guardare le cose dalla propria prospettiva, ma anche uno disposto a cercare il ritmo in una scrittura scarna, essenziale, talvolta brutalmente, con una punteggiatura singolare e qualche volta inesistente, infine deve essere un lettore che abbia buona memoria, perché il nostro ama il riciclo e i suoi personaggi, (talmente tanti che alla fine del libro trovi un elenco di oltre cento nomi come nelle tragedie di Shakespeare) li ritrovi ambientati 15, 20 anni avanti in libri scritti 15, 20 anni prima.
Ciò detto, ho letto “Perfidia”, primo di una tetralogia, per poter leggere il secondo: “Questa Tempesta” da poco pubblicato in Italia.
Tale tetralogia, Second L.A. Quartet dovrebbe completare la sua precedente L.A. Quartet e la sensazione è che abbia l’intento di fare il salto, non facile, dal noir al romanzo storico senza, a mio avviso riuscirci appieno.
Nondimeno, i trenta giorni descritti nel libro, sono un tuffo totale in un periodo con risvolti che i libri di storia preferiscono sorvolare. Ellroy è noto per la sua competenza di ricerca e la sua prospettiva neutra e disincantata, priva di retorica idealista è per me assolutamente congeniale per comprendere e apprendere fatti di cui non avevo mai sentito parlare.
Il romanzo si apre alla vigilia dell’attacco di Pearl Harbor, il 7 dicembre 1941, il giorno prima accade un fatto di cronaca che vede vittime i quattro componenti di una famiglia nippo-americana.
Gli States, già percorsi da una ondata di odio xenofobo, trovano nell’infame attacco di Pearl Harbor, l’innesco per la partecipazione ad una guerra che non ritenevano cosa loro e attivano al contempo una persecuzione dei giapponesi senza distinzione tra quelli di oltreoceano e quelli che da generazioni si erano stabiliti e affermati in USA. Un pogrom che nulla ha da invidiare a quello che in Europa si accanisce sugli ebrei e che seppure non con i mezzi apertamente criminali di Hitler, perseguita, interna e spoglia i giapponesi di ogni loro avere e di ogni identità e con altrettanto accanimento tortura e uccide protraendosi ben oltre la fine del conflitto mondiale.
Lo svolgimento delle indagini per il caso della famiglia di giapponesi uccisi, si svolgono in questo contesto ed Ellroy è maestro nell’unire i fatti e descriverli dal suo “dietro le quinte” che non risparmia, come già nella precedente trilogia, la LADP fatta di poliziotti corrotti, avidi, disposti al tradimento e alla delazione per fini personali, né risparmia i personaggi politici, del clero, del jet set hollywoodiano che fanno a gara per spartirsi la torta.
Il clima è cupo, pesante, sporco, crudo, nessuno ha le mani pulite, le donne sono marginali e funzionali a spigare la bassezza dei personaggi peggiori in un refrain veterocattolico ma questo è Ellroy, questo è il noir che qui è dato ai massimi livelli, il romanzo è imperfetto, manchevole ma ha il merito di portare a conoscenza un fatto che, come ho detto, sui libri di storia è tabù.
Recensione di Carmen Elisabeth Bonino
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