Premio Bancarella 1978: RADICI, di Alex Haley
Non è la prima volta che leggo questo libro. Durante la mia infanzia e adolescenza lo leggevo tutte le estati, insieme ad un’altra manciata di romanzi, perché presenti a casa dei miei nonni materni. Eppure averlo letto oggi, dopo averlo cercato per anni sulle bancarelle, mi ha procurato la stessa emozione di tutte le volte che l’ho letto in passato, anche perché oggi con internet ti ci puoi fiondare in luogo e vedere facce e posti con un click, cosa che l’ultima volta che l’ho letto non potevo neanche immaginare sarebbe successa. Diciamo che grazie a “Selezione” conoscevo già la faccia dell’autore, ma niente più.
Radici racconta la storia della famiglia di Alex raccontata oralmente attraverso sette generazioni, a partire da quando un negro africano, mentre era in un bosco a fare legna per costruirsi un tamburo, viene catturato e portato in Virginia come schiavo su una grande barca a vela in condizioni disumane. Venne poi venduto, ma cercò di fuggire quattro volte fino a che gli mozzarono mezzo piede e fu rivenduto di nuovo. Poi si unì a Bell e nacque la sua bambina Kizzy e qui comincia la tradizione che a ogni discendente della famiglia venga raccontata la storia di Kunta Kite l’africano da quando viene rapito in avanti, una tradizione orale che nel suo paese era affidata ai griot e ai tamburi, ma i tamburi nel regno dei tautob bianchi è vietato. Ma è proprio grazie alla tradizione orale dei griot che sette generazioni dopo Alex scopre, proprio in Gambia, la storia di Kunta Kinte e dei mandinga del Gambia, in particolare del villaggio di Juffure. Il pezzo di storia del prima che si ferma alla scomparsa del giovane Kinte in un bosco e mai più rivisto, mentre lui ha il pezzo successivo. Una raccolta dati di 12 anni da cui è nato Radici.
Dentro la copertina posteriore della mia versione c’è disegnato l’albero genealogico della famiglia e quelle sagome nere su sfondo giallo oro mi hanno sempre affascinava prima ancora di imparare a leggere e allora chiedevo a mio nonno chi fossero e lui mi raccontava la loro storia, continuando il lavoro di Kunta Kinte.
Commenta per primo